Migranti: p. Ripamonti (Centro Astalli) al Sir, “troppi morti e indifferenza, è nostra responsabilità”

Foto ANSA/SIR

“Abbiamo dovuto alzare i toni perché i numeri dei morti stanno diventando troppi e nell’indifferenza e disinteresse generale. Ribadiamo la necessità di non dimenticare le persone che affrontano viaggi in mare e in terra e chiediamo di mettere in campo politiche fondate sulla solidarietà, il senso di umanità e di compassione, di cui non dobbiamo perdere traccia nelle nostre vite”. Lo afferma oggi al Sir padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, che ieri aveva espresso dolore per l’ennesimo naufragio al largo della Libia con 15 migranti morti e 177 sopravvissuti e denunciato le responsabilità dei Paesi europei: “Muri e accordi di esternalizzazione non contengono i migranti, li uccidono”. “C’è bisogno di un appello così forte per essere ancora di più voce di chi non ha voce, di chi questi viaggi non li fa per scelta ma per forza, perché nei loro Paesi c’è la guerra o condizioni di vita che non garantiscono il rispetto dei diritti umani – conferma padre Ripamonti -. Ricordiamo che la morte di queste persone è nostra responsabilità. Speriamo che qualcuno se ne accorga e presti maggiore attenzione”. Finora non c’è stata alcuna reazione da parte delle istituzioni. Secondo il presidente del Centro Astalli è dovuto al fatto che “si passa da una emergenza all’altra”: “Ora l’attenzione è puntata sull’Afghanistan. Ieri il vertice dei G20 ha evidenziato la necessità di una multilateralità, che forse andrebbe utilizzata anche nella gestione di un fenomeno migratorio che ha un prezzo così alto in vite umane. Ma una emergenza non vale più di un’altra. La vita umana ha lo stesso valore in ogni parte del mondo”. Eppure, prosegue, “l’interesse che si persegue è solo quello dei singoli Stati, dell’Europa o dei Paesi più ricchi, e mai l’interesse delle persone che mettono a rischio la loro vita. Se non mettiamo al centro la vita delle persone, se non ci mettiamo nei loro panni, ma consideriamo sempre e solo il nostro punto di vista – ossia ‘cosa ne sarà di noi se li aiutiamo’ -, non usciremo da questa spirale che porta solo a ulteriori morti”. Padre Ripamonti invita inoltre a riflettere sul fatto che “per noi la pandemia è stato il peggiore dei mali, eppure tante persone hanno continuato a partire e rischiare di morire perché per loro il Covid-19 è solo uno dei tanti mali che li affliggono. La pandemia ha tolto dalle prime pagine la questione migratoria, non facendola diventare strumento di contesa politica, però poi ce ne siamo dimenticati. Ora i migranti sono nell’anonimato. Ed è sparita dall’interesse generale anche la questione dei soccorsi. Non riusciamo a comprendere che queste persone fanno parte di un villaggio globale all’interno del quale ognuno di noi è responsabile. Dobbiamo smuoverci e non dimenticare ciò che il nostro comportamento e la nostra responsabilità determina”.

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