Il 2,4% dei lavoratori Ue ha riportato almeno un infortunio sul lavoro nel corso del 2020. Il dato, pubblicato oggi dal Centro europeo di statistica Eurostat, segna un calo rispetto al 2,8% del 2013 (forse anche in ragione dei lockdown). È estrapolato dall’Indagine sulla forza lavoro dell’Ue (Eu-Lfs) e mostra che, a livello europeo, sono gli artigiani quelli che hanno segnalato il maggior numero di infortuni sul lavoro (4,4%), seguiti dagli operatori e assemblatori di impianti e macchine e dai lavoratori qualificati dell’agricoltura e della pesca (entrambi 3,4%). A registrare un’alta percentuale di infortuni anche le persone che svolgono i lavori di base (3,3%). La classifica tra i Paesi europei, invece, vede la Finlandia al primo posto con il maggior numero di segnalazioni di infortuni (9,6%), seguita da Svezia (5%) e poi Austria, Francia e Lussemburgo, l’Italia è al 15° posto nella classifica con l’1,5% di segnalazioni, sotto la media europea. I Paesi in cui si segnalano meno infortuni sono Malta, Bulgaria, Ungheria e Lituania. Il fattore di rischio per la salute dei lavoratori che con più frequenza viene indicato è la posizione faticosa o dolorosa in cui si lavora (13,2%), l’affaticamento visivo (10,0%), la movimentazione di carichi pesanti (9,1%), movimenti ripetitivi della mano o del braccio (8,7%). Il 44,6% degli occupati di età tra 15 e 64 anni sul lavoro viene confrontato con fattori di rischio per il benessere mentale. In 11 Stati membri su 27, a segnalare rischi mentali legati al lavoro è oltre il 50% degli occupati: Svezia (76,4%), Grecia (69,1%) e Lussemburgo (67,4%) detengono i valori più alti, mentre Cechia (33,8%), Lituania (26,7%) e Germania (25,8%) registrano le percentuali più basse.