“Non è la soluzione al problema, ma è la sola cosa che in questo momento è possibile fare per permettere a queste persone almeno di sopravvivere”. Lo dice Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, a proposito dell’intervento di urgenza – messo in atto da Caritas Ambrosiana, Caritas Italiana, Ipsia – per aiutare i profughi, imprigionati nei boschi della Bosnia Erzegovina dai veti incrociati della autorità. Nei giorni scorsi – si legge in una nota – sono arrivati i primi sei camion carichi di legna da ardere. La fornitura continuerà nelle prossime settimane per tutto il tempo che sarà necessario a superare l’inverno. Per sostenere questo sforzo è partita in questi giorni una raccolta fondi. Almeno 900 persone, da 17 giorni, vivono sotto ripari di fortuna in quello che è rimasto del campo di Lipa, località tra i boschi sulle alture della Bosnia Erzegovina a pochi chilometri dal confine con la Croazia. Dopo che la tendopoli temporanea che li ospitava è andata a fuoco, le loro condizioni già molte precarie sono precipitate. Senza acqua, né elettricità, né servizi igienici gli sfollati (tutti uomini, richiedenti asilo, provenienti per lo più da Pakistan e Afghanistan) sono costretti a scaldarsi accendendo piccoli falò. “Non è ancora arrivato il gelo, ma fa già molto freddo”, spiega Silvia Maraone, operatrice umanitaria che lavora da anni nella regione. Senza contare la pandemia, che ha colpito anche il Paese balcanico. Il destino dei profughi resta, dunque, molto incerto.