“La Chiesa ha la missione di incontrare tutti. Vi sono quelli che hanno la grazia, fin dall’infanzia, di avere esperienza di Dio. Più complesso è non escludere nessuno, anche se certuni sono convinti di trovare ovunque nemici. La Scrittura ci insegna che uno solo è il nemico, tutti gli altri sono fratelli, ai quali proporre il Vangelo del Signore”. Lo ha detto ieri mons. Riccardo Fontana, arcivescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, nell’omelia per la solennità dell’Epifania, pronunciata in cattedrale nel XXV della sua ordinazione episcopale.
“Arrivato ad Arezzo – ha ricordato ripercorrendo il suo ministero episcopale -, al sindaco che mi accoglieva in piazza, chiesi la cittadinanza. Non fu un gesto formale, ma la scelta di mettermi dalla parte degli immigrati, assieme all’impegno di spendere per attivare servizi, perché fosse chiaro che la Chiesa punta su dare lavoro, non a fare soldi”.
“Avrei certamente potuto fare di più e fare meglio – ha proseguito -. Molti ricordi mi tornano alla mente: sono storie di grandi sofferenze, una specie di scuola che ho frequentato e che mi ha arricchito”. Di qui il pensiero ai terremotati di Verchiano nel 1997, alla mensa e dormitorio di Spoleto e alla fattoria della Misericordia di Eggi, per “trasformare i più miseri, abituati a essere di peso agli altri, a diventar capaci, con dignità, di regalare la verdura e la frutta a tutte le case della Caritas in Umbria”. E poi la presenza in Macedonia e in Kosovo, durante la guerra, “di nuovo in Thailandia per conto di Caritas italiana in aiuto delle vittime dello tsunami”, dove era stato diplomatico. “La Cei – ha aggiunto Fontana – per molti anni mi ha inviato in Palestina con la Holy Land Coordination, rappresentando i vescovi italiani, in quei luoghi dove la pace non riesce a durare”. Un pensiero infine alla Caritas, in questi anni, “la nostra pupilla dell’occhio. Con l’aiuto di Papa Francesco, le Case Amoris Lætitia sono diventate realtà, assieme agli oratori e alle Unità pastorali”.