Un mix di forza e tenerezza, senso di responsabilità e capacità di donarsi che ne fanno un modello di paternità autorevole e controcorrente e al tempo stesso “una bussola per orientarci nella palude della scomparsa del padre”. In un’intervista al Sir, lo psichiatra Tonino Cantelmi, professore di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc), ripercorre i punti più significativi della lettera apostolica Patris Corde pubblicata da Papa Francesco lo scorso 8 dicembre in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di san Giuseppe quale patrono della Chiesa universale. Nel suo “stare in seconda linea”, osserva, san Giuseppe è “capace di un protagonismo straordinario, eroico”. Un “eroismo” diverso dall’archetipo della figura autoritaria “legata ad un concetto di mascolinità talvolta ‘ingombrante’, spazzata via dal ’68”. Alla società dell’apparire, “orfana” di padri, il Papa propone “un modello fatto di nascondimento, accoglienza, sostegno, incoraggiamento e tenerezza. Non forza esibita, muscolare, ma la categoria – inedita e quasi sconosciuta alla società di oggi, ma molto cara al Papa – della tenerezza”. Soprattutto, annota Cantelmi, Francesco , “il Papa ci offre bussola per orientarci nella palude in cui siamo impantanati da più di cinquant’anni” dopo la “disgregazione del modello di paternità”.
Giuseppe è il capofamiglia: dopo la nascita di Gesù, per tre volte si alza nella notte, prende il bambino e sua madre e partono. E Maria si fida dello sposo e ne riconosce l’autorità, “non impositiva o prevaricatrice, bensì ispirata ad una tenerezza che è riflesso della tenerezza di Dio”. Perché la forza di San Giuseppe, chiosa lo psichiatra, “non sta in se stesso ma deriva dalla capacità di ascoltare un’altra forza e un’altra autorevolezza: quelle di Dio Padre”.