“La maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e rigenerazione”. Lo denuncia Libera, attraverso un bilancio, offerto dal presidente dell’associazione antimafia, don Luigi Ciotti, a 25 anni dalla legge n. 109/96 per l’uso sociale dei beni confiscati.
Su un totale di circa 4.200 aziende confiscate dal 1982 ad oggi, ricorda una nota di Libera, “di quelle destinate quasi tutte sono state liquidate, mentre ne rimangono in gestione all’Agenzia altre 2.860. Di queste però, secondo i dati risalenti a un anno fa, 1.931 aziende erano in confisca definitiva e solo 481 risultavano attive. Una conferma arriva dal bilancio delle destinazioni nell’anno 2019: su 441 aziende destinate ben 439 sono state destinate alla liquidazione e 2 alla vendita”. La riforma del codice antimafia del 2017 aveva introdotto “una positiva modifica, prevedendo l’avvio della riorganizzazione aziendale già dalla fase del sequestro, dopo che il programma proposto dall’amministratore giudiziario viene autorizzato dal giudice delegato. Ma occorre investire di più su competenze e professionalità per un cambio di passo in questa direzione”.
A venticinque anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale, Libera chiede alle Istituzioni “interventi indifferibili e urgenti”, come “dare concreta attuazione alla estensione ai ‘corrotti” delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alla mafia, assicurando la piena equiparazione della confisca e del riutilizzo dei beni tolti ai corrotti ed alla criminalità economica e finanziaria”; “promuovere una maggiore diffusione delle esperienze di riutilizzo anticipato dei beni – prima della confisca definitiva – con le assegnazioni provvisorie, a cui però assicurare il necessario raccordo con la fase di destinazione finale, al fine di non disperdere la continuità di buone pratiche attivate; prevedendo la stipulazione di appositi protocolli tra l’Agenzia con i tribunali ai fini del raccordo tra assegnazione provvisoria del tribunale e destinazione definitiva del bene”; “attribuire all’Agenzia nazionale competenze e professionalità tali da poter adempiere pienamente e senza ritardi a tutte le funzioni e compiti di gestione, destinazione, verifica e monitoraggio del riutilizzo”. Infine, sono necessari “completa trasparenza e accesso a tutte le informazioni sui beni confiscati, per assicurare la più ampia partecipazione dei cittadini e delle associazioni”.