Desta una forte impressione in Messico e in Centroamerica il ritrovamento, avvenuto lo scorso fine settimana, di 19 cadaveri carbonizzati a Camargo, nello Stato messicano del Tamaulipas, confinante con il Texas. Anche se non esiste una conferma ufficiale, è forte il sospetto che si tratti dei corpi massacrati di migranti guatemaltechi, provenienti soprattutto dal dipartimento di San Marcos. Un’ipotesi che fa ricordare i peggiori massacri della storia recente, a partire da quello di San Fernando, sempre nel Tamaulipas, dove 10 anni fa vennero uccise 72 persone.
Corale, di fronte alla gravità del fatto, la reazione della Chiesa. La rete Clamor (che raccoglie gli organismi ecclesiali latinoamericani che si occupano di migrazioni) ha scritto una lettera aperta al presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, a quello guatemalteco Alejandro Giammattei e ai rispettivi ministri degli Esteri. La missiva è firmata dal card. Álvaro Ramazzini Imeri, vescovo di Huehuetenango (Guatemala), da mons. Gustavo Rodríguez Vega, arcivescovo di Yucatán (Messico), mons. Guido Charbonneu, vescovo di Choluteca (Honduras).
Viene chiesto alle autorità di chiarire i fatti e si aggiunge: “Siamo molto preoccupati per la situazione di tutti i migranti che attraversano il territorio nazionale messicano, poiché la politica migratoria e la sua attuale gestione, fino ad ora, non impediscono a migranti e rifugiati di essere vittime della criminalità organizzata nel loro tentativo di attraversare il territorio messicano, mentre per ragioni di povertà e persecuzione cercano di lasciare i loro Paesi di origine e salvaguardare la loro vita e quella delle loro famiglie. E durante il loro viaggio avrebbero bisogno di maggiore protezione delle Istituzioni statali dei Paesi attraverso i quali transitano”. Da qui la richiesta di “modificare la politica migratoria”, nel senso di una maggior protezione delle persone, e di una “giustizia transnazionale in questo caso per le migliaia di migranti i cui diritti umani sono stati violati”.