Il ricorso era stato presentato da nove ragazze dell’Amazzonia ecuadoriana, stanche di vivere in un territorio permanentemente inquinato e compromesso dalla pratica del “gas flaring”, attraverso la quale viene bruciato il gas naturale che fuoriesce assieme al petrolio dai pozzi. I loro nomi: Leonela Moncayo, Rosa Valladolid, Skarlett Naranjo, Jamileth Jurado, Denisse Nuñez, Dannya Bravo, Mishell Mora, Jeyner Tejena e Kerly Herrera. Le ragazze, insieme alle loro comunità, hanno ottenuto un’epocale vittoria. Martedì scorso, infatti, la Camera multicompetente della Corte provinciale di giustizia di Sucumbíos ha accolto il ricorso e si è pronunciata a favore dell’azione giudiziaria di protezione, intrapresa con l’obiettivo di eliminare il “gas flaring” nell’industria petrolifera della zona. La sentenza afferma che “lo Stato ecuadoriano ha ignorato il diritto dei ricorrenti a vivere in un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato, ignorando il loro diritto alla salute, senza promuovere l’utilizzo di tecnologie ecologicamente pulite e di energie non inquinanti”.
Dopo aver appreso della sentenza dei giudici, Leonela Moncayo, una delle denuncianti ha espresso la sua soddisfazione perché “finalmente giustizia è stata fatta”. Grazie a questa storica sentenza, sarò possibile avviare azioni legali di riparazione per migliaia di famiglie.
Nelle stesse ore è arrivata un’altra notizia attesa dai movimenti ambientalisti dell’Amazzonia ecuadoriana. Tre banche europee, Bnp Paribas, Credit Suisse e Ing, hanno annunciato lunedì che smetteranno di finanziare il commercio di petrolio dall’Amazzonia ecuadoriana. L’annuncio è stato dato dalle organizzazioni ambientaliste Amazon Watch e Stand.