L’Indice di percezione della corruzione (Cpi) 2020 pubblicato oggi da Transparency International classifica l’Italia al 52° posto sui 180 Paesi oggetto dell’analisi. Il nostro Paese, dunque, pur mantenendo il punteggio (53) attribuitogli nell’edizione 2019, perde una posizione in graduatoria.
Il Cpi 2020 segna un rallentamento del trend positivo che aveva visto l’Italia guadagnare 11 punti dal 2012 al 2019, pur confermandola al 20° posto tra i 27 Paesi membri dell’Unione europea. Danimarca e Nuova Zelanda continuano ad attestarsi tra i Paesi più virtuosi, con un punteggio di 88. In fondo alla classifica, Siria, Somalia e Sud Sudan, con un punteggio, rispettivamente, di 14, 12 e 12.
Con l’edizione 2020, si legge in una nota, Transparency International ha stilato una classifica di 180 Paesi e territori sulla scorta del livello di corruzione percepita nel settore pubblico. La valutazione è fatta sulla base di 13 strumenti di analisi e di sondaggi ad esperti provenienti dal mondo del business. Il punteggio finale è determinato in base ad una scala da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello di corruzione percepita).
Negli ultimi anni “l’Italia ha compiuto significativi progressi nella lotta alla corruzione: ha introdotto il diritto generalizzato di accesso agli atti rendendo più trasparente la Pubblica Amministrazione ai cittadini, ha approvato una disciplina a tutela dei whistleblower, ha reso più trasparenti i finanziamenti alla politica e, con la legge anticorruzione del 2019, ha inasprito le pene previste per taluni reati”.
In questo contesto, “le sfide poste dall’emergenza Covid-19 possono mettere a rischio gli importanti risultati conseguiti se si dovesse abbassare l’attenzione verso il fenomeno e non venissero previsti e attuati i giusti presidi di trasparenza e anticorruzione, in particolare per quanto riguarda la gestione dei fondi stanziati dall’Europa per la ripresa economica”.