Yemen: Moroni (cooperante Save the Children), “i bambini hanno bisogno di medicine, cibo, educazione”

foto: Save the children

I bambini dello Yemen “hanno urgente bisogno di medicine, cibo, educazione. La guerra ha causato violenze e menomazioni, con un forte impatto psicologico, difficoltà ad interagire con gli altri, tristezza e depressione”. A parlare al Sir da Sana’a, capitale dello Yemen, è Chiara Moroni, 33 anni, bergamasca, operatrice umanitaria di Save the Children. Dopo 5 anni e mezzo di guerra, lo Yemen è un Paese distrutto, con oltre 100mila vittime, tra cui più di 12mila civili. “Ora il conflitto ha cambiato forma, è diventato a bassa intensità, ma c’è ancora violenza e la crisi è molto complessa, con tanti interessi in gioco”, spiega Moroni. L’80% degli yemeniti è in povertà estrema per il tracollo dell’economia, l’inflazione alta e ora anche la pandemia. Le cifre dei contagi non sono alte perché vengono effettuati pochi test. Visto che la maggioranza della popolazione vive in contesti rurali “i messaggi di sensibilizzazione per le misure di prevenzione vengono diffusi via radio, con megafoni sulle auto, canzoni per bambini”, racconta. Gli avvertimenti risuonano perfino dall’alto dei minareti delle moschee. Nelle altre zone del Paese la situazione è più dura, soprattutto a ridosso delle linee del fronte, con raid aerei e violenze. Povertà e carestia, malattie (c’è anche colera, dengue, malaria, chikungunya), strutture sanitarie al collasso, 2.000 scuole colpite dai bombardamenti, di cui 250 distrutte e 1.500 danneggiate, invasione di locuste e inondazioni. Oltre agli interventi di emergenza e salvavita – soprattutto cibo e sanità – portati avanti dalle tante Ong che operano in Yemen, la sfida dell’educazione è prioritaria, “perché si sta investendo sul futuro del Paese”, afferma Moroni. La scuola si è fermata durante il lockdown ma ad ottobre è ripresa in presenza. Tantissimi bambini desiderano iscriversi o frequentare corsi professionali, “segno che il Paese ha voglia di andare avanti”. “È bellissimo vedere l’impegno e il coinvolgimento delle comunità – dice –. La contentezza di presidi e insegnanti quando li aiutiamo a riportare l’energia elettrica, l’acqua e i servizi igienici nelle scuole, a tornare in classe con mascherine e protocolli di sicurezza. Per loro è una differenza enorme”. Da una situazione così complessa se ne esce solo con la fine del conflitto e la pace. Da qui l’appello di Save the Children per un “cessate il fuoco” il prima possibile.

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