“In questo tempo, inquieto, particolare e inedito, in cui i confini tra le persone sono stati ampliati e al tempo stesso ridotti grazie alla tecnologia, voi giornalisti siete chiamati ad esercitare la vostra professione come una nuova forma di prossimità”. Lo ha scritto in un messaggio ai giornalisti per la festa di San Francesco di Sales mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio.
“Spesso siamo prede di una comunicazione narcisistica e ripiegata su sé stessa – constata il presule – che divide invece di riconciliare e questo non può non porre degli interrogativi e non può non chiamare a nuove responsabilità chi svolge il delicato compito di informare”.
Mons. Savino evidenzia che “il linguaggio è un soggetto gravemente malato, che occorre in qualche modo recuperare” perché “le parole sono state manomesse, non valgono più per quello che dovrebbero esprimere, ma spesso vengono piegate a un uso strumentale che di fatto ne ha snaturato la propria funzione” e “per questa ragione esse non raccontano più ciò che siamo e pensiamo, non gettano più un ponte stabile ed efficace tre le persone e con le cose con cui entrano in relazione, ma restano dei gusci svuotati che non significano più nulla. Il filo della parola è sempre sul punto di spezzarsi”.
Il vescovo evidenzia la necessità “di un’etica della responsabilità nell’uso del linguaggio che deve essere ancora più intensa quando i giornalisti usano il filo della parola per raccontare l’umanesimo della fragilità”. Per il presule i giornalisti “non devono cedere alla tentazione di raccontare per stereotipi, ma spendendosi nella fatica di cercare, di capire, illuminando le periferie della vita, spesso in penombra come quelle delle città e scoprendo le storie invisibili, spendendosi ogni giorno, sul campo, in quel ‘Vieni e vedi’ al quale ci richiama Papa Francesco nel suo messaggio”.
Infatti, “oggi vi sono solitudini che implorano di essere abitate, ricerche di senso che chiedono di essere accompagnate, povertà interiori, buie periferie che cercano e domandano luce e algide distanze da ricolmare”.
Guardando al territorio, mons. Savino evidenzia che “oggi più che mai e soprattutto nel nostro amato Sud, nella nostra amata Calabria, abbiamo bisogno di un giornalismo che nutra l’opinione pubblica di verità anche se non sempre sono piacevoli, anzi soprattutto quando non sono piacevoli”. “Abbiamo bisogno – la chiosa del presule – di un giornalismo che faccia ragionare e metta la classe dirigente nella condizione di valutare le priorità”. Infatti, per mons. Savino “un buon giornalismo è quello che sollecita l’attenzione sulle ingiustizie e accompagna chi rivendica i propri diritti in solitudine”.