“Siamo tralci della stessa vite, siamo vasi comunicanti: il bene e il male che ciascuno compie si riversa sugli altri”. Così il Papa, nell’omelia per i Vespri a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, letta dal card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani, che presiede la celebrazione nella basilica di San Paolo fuori le mura. “Nella vita spirituale vige una sorta di legge della dinamica”, spiega Francesco: “nella misura in cui rimaniamo in Dio ci avviciniamo agli altri e nella misura in cui ci avviciniamo agli altri rimaniamo in Dio. Vuol dire che se preghiamo Dio in spirito e verità scaturisce l’esigenza di amare gli altri e, dall’altra parte, che se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi”. “La preghiera non può che portare all’amore, altrimenti è fatuo ritualismo”, il monito del Papa: “Non è possibile incontrare Gesù senza il suo Corpo, composto di molte membra, tante quanti sono i battezzati. Se la nostra adorazione è genuina, cresceremo nell’amore per tutti coloro che seguono Gesù, indipendentemente dalla comunione cristiana a cui appartengono, perché, anche se non sono ‘dei nostri’, sono suoi”. “Amare i fratelli non è facile, perché appaiono subito i loro difetti e le loro mancanze, e ritornano alla mente le ferite del passato”, ammette Francesco: ecco perché “per amare abbiamo bisogno di essere spogliati di quanto ci porta fuori strada e ci fa ricurvare su noi stessi, impedendoci di portare frutto”. “Chiediamo dunque al Padre di recidere da noi i pregiudizi sugli altri e gli attaccamenti mondani che impediscono l’unità piena con tutti i suoi figli”, l’appello: “Così purificati nell’amore, sapremo mettere in secondo piano gli intralci terreni e gli ostacoli di un tempo, che oggi ci distraggono dal Vangelo”.