“Come san Feliciano, dobbiamo proclamare una parola di verità, che possa ridare speranza, perché in grado di sconfiggere le tenebre della ragione lasciata a se stessa e di abbattere le chiusure dei cuori induriti dai risorgenti egoismi”. Lo ha affermato l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, presiedendo nel santuario della Madonna del Pianto a Foligno la celebrazione eucaristica nella festa del patrono san Feliciano.
Dopo aver ricordato che “il tempo di san Feliciano registra i segni di un cambiamento epocale”, Betori ha osservato che “il nostro pure è un mondo che cambia”. Il cardinale ha fatto riferimento alla globalizzazione economica, al conflitto delle civiltà, alle chiusure xenofobe e razziste, alla confusione delle opinioni, alla rinuncia al confronto con la verità. “La pace è continuamente minacciata”, ha denunciato, e anche “l’immagine stessa dell’uomo è posta in discussione dall’arroganza di una tecnica che pretende di essere misura a se stessa”. “Tutto questo, negli ultimi mesi, è stato ed è attraversato dalla pandemia, che ha messo in luce la precarietà del nostro rapporto con il mondo della natura, la fragilità della condizione umana minacciata dalla morte, l’intreccio delle esistenze dei singoli e dei popoli nel male come nel bene”, ha proseguito. “Gli stessi percorsi di cura non sono esenti da pericoli. Occorre vigilanza – ha ammonito – per contrastare le derive eugenetiche nascoste nella proposta di una gestione delle risorse che misuri l’intervento sanitario in base all’età e all’avere maggiori probabilità di trarne beneficio”. “Qualcuno vuole forse convincerci che si debba pensare prima ai più forti e poi, se ce n’è, ai più deboli? E questo a riguardo di popoli, ceti sociali e singole persone?”, gli interrogativi posti dal porporato. In questo contesto, “dobbiamo tornare a essere evangelizzatori”. “Dire il Vangelo oggi: questa è la missione che il Signore ci affida”, l’esortazione di Betori: “È il Vangelo della dignità della persona umana, della famiglia come luogo dell’amore, dell’ecologia integrale, della fraternità sociale”. “Sono i grandi temi del magistero di Papa Francesco, che debbono illuminare il nostro pensiero e guidare il nostro agire”, ha sottolineato il cardinale, secondo cui “a questo magistero occorre fare riferimento nel delineare il volto delle nostre comunità di fede, superando ogni tentazione di arroccamento in difesa di forme che vanno sbiadendo e accettando di metterci in gioco nel confronto con la storia, come suggerisce la ripetuta esortazione del Papa a essere una ‘Chiesa in uscita’, con la precisa identità che viene dalla contemplazione del volto di Cristo, come invitò a fare cinque anni fa a Firenze, indicandoci in Gesù i sentimenti dell’umiltà, del disinteresse e della beatitudine”.