“Gli strumenti più utilizzati per porsi in relazione con gli altri sono rispettivamente WhatsApp/Telegram (utilizzati per questo scopo specifico dal 56,0% dei rispondenti) e le e-mail (54,0%), dispositivi digitali ampiamenti utilizzati anche per collaborare e favorire la partecipazione”. Lo rileva un’indagine condotta da una équipe multidisciplinare composta da diversi docenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, diretta da Lucia Boccacin, per focalizzare le relazioni sociali al tempo dei personal media nel contesto delle parrocchie. Tra i social media, una parrocchia su due ha un account Facebook, molto più raramente Twitter (solo il 15% circa) o Instagram (26%). Attraverso la costruzione di un indice sintetico, è stato possibile verificare che la maggior parte delle parrocchie (70%) usi le tecnologie digitali per entrare in relazione con gli altri, mentre nel 24% dei casi il ricorso alle tecnologie è limitato alla finalità di facilitare l’accesso alle informazioni. Una percentuale residuale di parrocchie (6%) usa le tecnologie per collaborare e favorire la partecipazione alle attività della parrocchia. “Già da questi primi dati emerge un contributo distintivo delle parrocchie in favore della costruzione sia della comunità locale, sia di quella simbolica in cui le relazioni interpersonali e digitali svolgono un ruolo cruciale – spiega Boccacin -. Tale apporto, che da sempre innerva capillarmente il tessuto del nostro paese, oggi potrebbe costituire un tesoro nascosto che merita di essere meglio disvelato, soprattutto a fronte degli effetti prodotti dall’emergenza sanitaria in termini di isolamento sociale”.
Dopo la prima ondata della pandemia, è stato effettuato nell’ottobre 2020 una seconda rilevazione, non prevista nel progetto originale, per rilevare i cambiamenti avvenuti nelle relazioni interpersonali e in quelle mediate digitalmente nella costruzione di contesti comunitari. Alla seconda rilevazione hanno risposto 144 parrocchie che già avevano partecipato alla prima ricognizione. “I risultati preliminari di questa seconda parte dello studio mettono in luce un uso più frequente delle tecnologie digitali nell’ambito delle attività pastorali e un atteggiamento mediamente più favorevole verso il loro impiego”.