“Sono oltre 256mila i bar, i ristoranti, le pizzerie e gli agriturismi costretti a chiudere nelle 15 Regioni e Provincia autonoma che nella nuova mappa sono diventate rosse e arancioni per l’emergenza Covid”. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti che evidenzia che a pagare il conto più pesante è la Lombardia che si classifica come la Regione con maggior numero di attività presenti sul territorio con circa 51mila locali della ristorazione.
“La nuova mappa dei colori della pandemia – sottolinea l’associazione – fa chiudere quasi 3 locali su 4 (71%) presenti in Italia fra bar, ristoranti, pizzerie e agriturismi nelle Regioni rosse e arancioni dove è proibita qualsiasi attività al tavolo, con un drammatico impatto su economia ed occupazione”. “Nelle zone critiche – continua Coldiretti – è consentita la consegna a domicilio o l’asporto, con limitazioni fino alle 18 per i bar che riducono ulteriormente la sostenibilità economica per giustificare le aperture tanto che in molti preferiscono mantenere le serrande abbassate”.
L’associazione parla di “una situazione che rischia di dare il colpo di grazia ai consumi alimentari degli italiani fuori casa che nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%)”, per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea.
“Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari”, evidenzia l’associazione, chiedendo “un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione” di un settore che conta su 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro. Per Coldiretti, “si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che vale 538 miliardi pari al 25% del Pil nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale”.