“Un vaccino per tutti”. Lo chiedono le Acli di Como, attraverso un comunicato, per “dichiarare che la nostra mission è quella di stare accanto ai cittadini ed essere di supporto nella creazione e nel mantenimento di una comunità più coesa e giusta”. Consapevoli che “le conseguenze del Covid-19 non sono unicamente mediche, ma anche sociali”, le Acli ritengono che “il vaccino non si possa intendere in modo univoco come soluzione medica a questa pandemia, ma che sia anche parte di una sorta di ‘vaccino sociale’, che consentirà un ritorno alla nostra vita lavorativa, relazionale e ravvicinata e, quindi, un ritorno alla prossimità tipica delle associazioni e degli enti di Terzo settore”.
Le Acli di Como reputano il vaccino “uno strumento (forse l’unico, per ora) che ci consentirà di andare incontro ad una nuova normalità, ci consentirà non solo di poter abbracciare i nostri cari, ma anche di riaprire i nostri circoli e tutti quei luoghi di comunità dove quotidianamente si svolge e si sviluppa l’impegno di tanti volontari”. “Lo stato attuale della nostra Penisola ‘a colori’ ci richiede ancora più responsabilità individuale. Sentiamo la responsabilità di tutelare chi è più fragile (e magari non può sottoporsi al vaccino, causa la sua fragilità) e dobbiamo considerare la campagna di vaccinazione come un diritto–dovere pubblico e collettivo, che non ci riguarda come singole persone, ma come intera comunità”.
Infine, la posizione delle Acli comasche anche sul mancato obbligo della vaccinazione: “La scelta dei cittadini di vaccinarsi è libera, la sua non obbligatorietà è per noi rassicurante”. Ma “il vaccino funziona se tutti coloro che ne hanno possibilità si sottoporranno ad esso, come fratelli, tutelandosi l’un l’altro e proteggendo anche chi non potrà riceverlo per motivi di fragilità personale”.