Agenda 2030: Tatay (Univ. Comillas Madrid), “senza l’apporto delle religioni è impossibile risolvere la sfida della sostenibilità”

“Da sole, le religioni non potranno risolvere la complessa sfida della sostenibilità. E tuttavia, se non si tiene conto dell’apporto religioso, venirne a capo sarà altrettanto impossibile”. A sollevare la questione, nel quaderno 4.094 de La Civiltà Cattolica, il primo del nuovo anno, in uscita sabato e anticipato come di consueto al Sir, è Jaime Tatay, professore di Teologia morale presso la Pontificia Università Comillas di Madrid e direttore della rivista Razón y Fe. Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile nell’Agenda 2030 sono il risultato di un lungo processo deliberativo e riflettono un ampio consenso internazionale sulle grandi sfide che l’umanità deve affrontare nel XXI secolo. Sono stati coinvolti scienziati, economisti, tecnici, politici, sociologi e persino i militari. “Tuttavia – osserva l’autore dell’articolo –  fra gli interlocutori chiamati in causa stupisce la sottovalutazione di attori globali influenti, come le grandi tradizioni religiose”. Un’esclusione “ingiustificata” perché “l’interlocutore confessionale non può essere lasciato da parte in un mondo in cui la stragrande maggioranza della popolazione riconduce a una tradizione spirituale la propria visione della realtà, la fonte di senso e la guida etica”.
Ma quali ragioni ne giustificherebbero l’intervento? Per l’autore sono dieci: “Esse offrono chiavi di lettura delle dichiarazioni religiose degli ultimi anni, come pure strategie di trasformazione personale, istituzionale e sociale”. Si tratta delle dimensioni profetica, ascetica, penitenziale, apocalittica, sacramentale, soteriologica, comunitaria, mistica, sapienziale ed escatologica, che “attraversano l’esperienza spirituale dell’umanità”. “L’articolazione di questi 10 elementi” potrebbe “consentire di tracciare i contorni di un ethos ambientale interreligioso”.  A partire dalla prima dimensione, quella profetica: “l’ingiustizia insita nel degrado della natura è stata la principale por­ta d’ingresso delle grandi religioni nel dibattito ecologico”.  Le tradizioni religiose, conclude Tatay, “propongono un esercizio di ‘duplice ascolto’ – della Terra e dei poveri, del momento presente e della storia passata, del contesto locale e delle dinamiche globali, dei segni esterni e delle pulsioni interne –, che è complementare alle mere analisi tecniche”.

 

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