“L’approvazione del Piano è un avanzamento ed è molto migliorato rispetto alla versione originale che presentava alcune lacune. Si potrebbe fare ancora meglio, ma comunque in linea di massima va bene. Tuttavia ci sono alcune annotazioni che si possono fare”. Lo afferma al Sir Stefano Zamagni, economista e presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali, a poche ore dall’approvazione da parte del Governo del “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, in cui verranno utilizzati i fondi del Recovery Fund. “La prima annotazione è sul piano del metodo – ha spiegato -. Era necessario far partire nei mesi scorsi un forum deliberativo di consultazioni per sentire il parere e il consiglio di tutti quei soggetti esperti delle questioni in oggetto del Piano. Naturalmente è sempre il Governo ad avere l’ultima parola, ma qui non è stata sentita la penultima, che poteva dare un grosso contributo”. La seconda annotazione di Zamagni verte sul piano del contenuto. “Un miglioramento c’è sicuramente stato – ha rimarcato -, ma bisogna insistere di più e vigilare perché nella implementazione dei progetti che andranno a godere dei fondi europei non si cada nel solito vizio italico di finanziare iniziative che tendono a correggere e migliorare la precarietà anziché la vulnerabilità. Le gente spesso confonde queste due cose. Noi dobbiamo mirare alle nostre vulnerabilità strutturali, perché solo correggendo quelle possiamo aumentare la resilienza del nostro sistema. Se invece continuiamo a preoccuparci troppo delle precarietà, con i vari bonus o voucher, rischiamo di ottenere risultati, anche interessanti, ma destinati a durare nel breve termine”. In questo senso “è utile rafforzare e finanziare il più possibile le risorse e le intelligenze interne in ogni campo. A volte siamo una nazione troppo esterofila, preferiamo guardare e dipendere da altri Paesi quando siamo in grado di provvedere da soli a molte delle nostre necessità”. In ultimo, conclude Zamagni, “troppe poche attenzioni sono state dedicate agli enti del Terzo settore, che merita di essere valorizzato come stanno facendo e faranno molti Paesi europei”.