Un Rapporto di 3mila pagine voluto dal governo per fare luce su una delle pagine più buie della storia di Irlanda e fornire un resoconto completo su ciò che è realmente accaduto alle donne che hanno avuto figli fuori dal matrimonio e ai loro bambini, accolti in istituti e case durante il periodo tra il 1922 e il 1998. A redigerlo è stata una Commissione di indagine appositamente costituita, la “Commission on Mother and Baby Homes” che ha fatto emergere il quadro cupo di un’Irlanda “fredda e insensibile” verso le ragazze madri, consegnandole a case e istituti dove erano sottoposte a privazioni materiali ed emotive, dove la mortalità infantile era purtroppo elevatissima e le donne sentivano di non avere altra scelta che dare i propri figli in adozione. L’enorme Rapporto – frutto di un’indagine durata cinque anni – è pertanto una dura accusa non solo delle istituzioni ma anche della società nel suo insieme. Il Taoiseach (primo ministro, ndr) Micheál Martin ha affermato che il rapporto delinea un “capitolo oscuro, difficile e vergognoso della recente storia irlandese” in cui una “cultura straordinariamente oppressiva ha trattato le donne in modo eccezionalmente cattivo”.
La Commissione stima che circa 56.000 “madri non sposate” e circa 57.000 bambini abbiano transitato nelle case di accoglienza. Il maggior numero di ammissioni è stato negli anni ’60 e nei primi anni ’70. È probabile che ci fossero altre 25.000 donne e un numero maggiore di bambini che non sono stati recensiti. Sebbene il fenomeno di queste “case” non sia esclusivamente irlandese, la percentuale registrata in questo Paese – si legge nel Rapporto – è “probabilmente la più alta del mondo”. Le donne accolte in questi istituti avevano un’età compresa tra i 12 e i 40 anni. Tuttavia, l’80% aveva un’età compresa tra i 18 e i 29 anni e l’11,4% del totale (pari cioè a 5.616 donne) erano minorenni. L’indagine evidenzia poi che alcune gravidanze sono state il risultato di stupro; alcune donne avevano problemi di salute mentale, altre di disabilità intellettiva. Molte di loro erano comunque indigenti. Alcune temevano che la loro gravidanza potesse essere scoperta dalla loro famiglia e dai vicini di casa e sono entrate in queste case per proteggere la loro privacy. Alcune, per lo stesso motivo, hanno deciso di recarsi in Gran Bretagna. Sta di fatto che la stragrande maggioranza dei bambini nati in questi istituti era “illegittima” e, per questo motivo, hanno subito discriminazioni per la maggior parte della loro vita. Molti di loro non hanno memoria del tempo trascorso lì, ma alcuni sono rimasti negli istituti dopo che le madri se ne sono andate e un piccolo numero è rimasto negli istituti fino all’età di sette anni. I tassi di mortalità infantile hanno suscitato particolare sconcerto nei membri della Commissione stimando che negli istituti posti sotto indagine il 15% dei bambini sono morti al loro interno. La Commissione fa sapere che c’erano diversi tipi di istituzioni con governance, accordi e pratiche finanziarie differenti. Alcuni erano di proprietà e gestiti dalle autorità pubbliche sanitarie locali. Altre invece erano di proprietà e gestite da ordini religiosi, ad esempio le tre case gestite dalla Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria a Bessborough, Sean Ross, Castlepollard o la Bethany Home fondata da un gruppo evangelico protestante.