“La legge naturale in nessun caso può essere oggetto di referendum”, ammonisce Wojciech Zięba, leader dell’Associazione polacca dei difensori della vita umana, riferendosi alla recente idea di Jarosław Gowin (vicepremier nel governo di Mateusz Morawiecki) il quale, dopo la sentenza del Tribunale costituzionale del 22 ottobre scorso relativa alla non conformità dell’aborto eugenetico con la Costituzione polacca, ha avanzato la proposta di sottoporre la questione dell’interruzione della gravidanza a consultazione popolare. Zięba cita l’esempio della Svizzera, dove nel 2002 con un referendum è stato legalizzato l’aborto entro la 12ª settimana della gestazione, e dell’Irlanda dove l’interruzione della gravidanza è stata liberalizzata nel 2018, in seguito alle consultazioni promosse da movimenti femministi “finanziati generosamente da George Soros e la sua fondazione Osf”. Il leader dei difensori della vita umana polacchi punta il dito contro le disparità economiche tra i sostenitori dell’aborto e le organizzazioni pro-life, così come contro le politiche aziendali di Facebook e Google che in Irlanda hanno gravemente danneggiato coloro che si opponevano alla liberalizzazione dell’interruzione della gravidanza.
“L’analisi delle campagne referendarie in Irlanda e in Svizzera dimostra a quali manipolazioni ricorrono gli ambienti abortisti”, osserva, rilevando che “la manipolazione possa annidarsi anche nella stessa consultazione, nella domanda che suggerirebbe una risposta così come nell’effettiva mancanza di parità di accesso ai mezzi finanziari e ai media”. “Sono invece i politici, come rappresentanti della società civile, coloro i quali, personalmente, devono assumersi la responsabilità delle proprie decisioni, senza scaricarle sulla società” che potrebbe “ancora prima del referendum essere martellata da una propaganda menzognera degli abortisti”, conclude Zięba, chiedendo al premier Morawiecki di procedere quanto prima alla pubblicazione della sentenza del Tribunale costituzionale, che, pur non essendo ancora entrata in vigore ufficialmente, viene già oggi rispettata da numerosi medici, i quali si rifiutano di procedere all’aborto nei casi di gravi malformazioni del feto.