Le scuole di ogni ordine e grado si avviano alla riapertura, tra dubbi e non poche difficoltà. “La chiusura delle scuole, sia pur necessaria, ha danneggiato tutti i bambini ma, come tutte le crisi, ha avuto ripercussioni maggiori sui bambini che appartengono a famiglie vulnerabili; parliamo di giovani vittime di violenza, di bambini che vivono in case-famiglia, di minorenni stranieri non accompagnati”, ricorda Samantha Tedesco, responsabile Advocacy e Programmi di Sos Villaggi dei Bambini, per la quale “la scuola rappresenta non solo il luogo in cui apprendere, per molti bambini è la possibilità di un pasto sano e completo al giorno. E per molti bambini, purtroppo, è l’unico pasto completo dell’intera giornata. La scuola è la possibilità quindi di alimentare il corpo e la mente, è la possibilità per molti bambini non solo di mangiare, ma di essere ‘visti’ da adulti competenti, di fare sport, di essere considerati bambini e ragazzi con bisogni propri. La scuola è un presidio di tutela in particolare per i bambini vulnerabili”.
Durante il lockdown, “di fatto, si è realizzata una discriminazione ulteriore sui bambini già in situazione di fragilità. Abbiamo bisogno di sanare questa discriminazione, di riaprire le scuole senza esitazioni o sterili discussioni”. Il nesso tra povertà educativa e disagio socio-economico è evidente. Come spiega Tedesco, Sos Villaggi dei Bambini chiede un impegno affinché “la scuola ri-nasca. Non chiediamo di tornare alla scuola di prima perché la normalità della scuola di prima non andava già bene. Chiediamo che dall’esperienza del Covid-19 nascano idee nuove, che si abbia la forza di investire, che dopo una crisi epocale come quella che abbiamo vissuto non si scelgano scorciatoie prese solo nell’ottica di prevenire il contagio. Abbiamo bisogno di investire sulla scuola, di passare dal 3,8% attuale del Pil al 5% come nella media europea. Serve un progetto speciale dopo tanto isolamento che metta al centro la relazione educativa per recuperare fiducia e capacità di apprendimento. I bambini sono resilienti possono farcela se noi adulti creiamo le condizioni favorevoli. Serve un ‘patto educativo territoriale’ come stiamo dicendo in molti. Investiamo sulle figure educative, mappiamo i luoghi del territorio, osiamo andare oltre le sentinelle o gli assistenti civici per controllare il rispetto del distanziamento fisico!”.