Approvare il nuovo Codice penale senza temporeggiamenti e mantenendo la penalizzazione dell’aborto. È la richiesta rivolta dalla Chiesa della Repubblica Dominicana al Parlamento. Mons. Víctor Emilio Masalles Pere, vescovo di Baní, insieme con una rappresentanza delle Commissioni nazionali di Pastorale per la vita e di Pastorale per la famiglia della Conferenza dell’episcopato domenicano (Ced), ha fatto visita nei giorni scorsi al presidente della Camera dei deputati, Alfredo Pacheco, per ribadire la posizione della Chiesa sulla depenalizzazione dell’aborto.
L’iniziativa, ha detto il vescovo, è nata “perché si rischia di riaprire un dibattito già esaurito a livello nazionale”, quello cioè sulla legalizzazione dell’aborto, “ritardando così l’entrata in vigore del Codice penale”, che attualmente fornisce soluzioni alla giustizia penale dominicana e rispetta pienamente la Magna Carta”. In seguito alle recenti elezioni legislative e presidenziali, infatti, è tornata d’attualità la proposta di legalizzare l’aborto in quelle che vengono definite in altre legislazioni latinoamericane le “tre causali”. Il vescovo Masalles ha consegnato un documento che precisa le considerazioni mediche e legali che giustificano la difesa della Chiesa del diritto alla vita dal concepimento.
Ieri, durante un’intervista realizzata nel programma della Ced “La Voz de los obispos” dove si è discusso il tema del Codice penale e dell’aborto, Miguel Valerio, avvocato penalista e professore presso la Pontificia Universidad Católica Madre y Maestra (Pucmm), ha ricordato che nel diritto penale il concepito è tutelato, in quanto classificato come bene legale che si protegge da lesioni e pericoli”.
Il giurista ha anche spiegato che il “Codice penale organizza una società”, quindi “un modello di società in cui la vita non è rispettata è la barbarie e contro di essa dobbiamo combattere tutti: cristiani, non cristiani, cattolici, evangelici, buddisti, credenti, non credenti”.