“L’Ue è un dono, ma anche un compito da costruire insieme, tra diversità di lingua, cultura, tradizione e storia. La crisi d’identità europea è figlia, in buona parte, dell’incoerenza tra valori fondativi dell’europeismo e la paura degli Stati membri di scommettere su nuove governance europee”. Lo scrive padre Francesco Occhetta, gesuita e scrittore, sul numero di ottobre di Vita pastorale, anticipato al Sir. “La marcia indietro del sogno europeo è stata causata dalla crisi finanziaria del 2008, dai debiti sovrani, dall’ondata migratoria e dall’uscita della Gran Bretagna dall’Ue”. Padre Occhetta osserva che “le politiche populiste vogliono ‘più’ Stato nazione, le politiche protezioniste del presidente americano Trump vogliono ‘meno Ue'”. “Eppure alcuni Stati, come Francia e Germania, sanno dare colpi d’ala proprio durante le crisi”. Il riferimento è alla possibilità di beneficiare per l’Italia del Recovery Fund, che garantisce 209 miliardi di euro, “una cifra che richiederà molta responsabilità per uscire dalla crisi prodotta dalla pandemia”.
Guardando alla “ricostruzione dell’Europa”, padre Occhetta evidenzia che “è una questione etica, legata al bene fiducia” che permette di gestire insieme tanti temi, dal calo demografico al cambiamento climatico, dall’inquinamento alle infrastrutture di trasporto, fino alle nuove epidemie come quella del coronavirus. “Senza princìpi etici prevalgono il sospetto e gli interessi privati e nazionali. Le riforme di cui ha bisogno il Paese possono solo essere realizzate guardandoci da Bruxelles – conclude -. Occorre parlare e formare le giovani generazioni a una grammatica comune europea che parta dai valori che l’hanno fondata, in primis dalla dignità della persona umana”.