“Dopo il tempo della commozione e della preghiera, viene però quello dell’azione. Diversamente don Roberto sarà morto invano. Il lutto cittadino è stato gesto squisito e garbato, come pure l’ammirevole concorso dell’intera città per restituire a don Roberto la dignità profanata dalla mano omicida. Ma non ce ne facciamo niente, se poi, riposti i gonfaloni, tutto ritorna come prima”. Lo scrive don Angelo Riva, direttore de “il Settimanale della Diocesi di Como”, nell’editoriale del nuovo numero in distribuzione in questi giorni. All’interno un inserto di 16 pagine dedicate a don Malgesini con la cronaca dei funerali e i ricordi di chi lo ha conosciuto e affiancato nel suo servizio. “Don Roberto ha lottato a mani nude contro uno dei problemi nodali del nostro tempo: quello della marginalità e dell’esclusione, reso ancor più rovente dalle migrazioni. Quanto la città lo ha sostenuto? O piuttosto ignorato, se non contrastato? La domanda è in capo anzitutto alle comunità cristiane, alla rete delle parrocchie, ma non di meno all’autorità politica e alla cittadinanza tutta. Scansarla, dopo i giorni del cordoglio e dell’ammirazione, sarebbe pura ipocrisia”, scrive il direttore. “È ovvio – conclude mons. Riva – che l’appello scuote anzitutto le autorità politiche, a cui spetta di promuovere il concorso di tutti al bene comune. E pazienza (o per fortuna, dipende dai passaporti partitici) se dovesse andare in giro l’immagine di Como come città che non chiude, ma apre spazi di accoglienza e di dignità umana. Non si tratta solo di decoro urbano, ma di far sì che l’estremo sacrificio di un nostro figlio non finisca in niente”.