Amazzonia: prima assemblea della Conferenza ecclesiale. Card. Hummes, “non sarà organo esclusivamente episcopale ma in ascolto dei popoli”

Si terrà oggi in modo virtuale la prima assemblea della Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama), organismo nato lo scorso giugno e presieduto dal cardinale Cláudio Hummes, che è anche presidente della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam). Come è emerso in settimana, durante l’incontro promosso dal Celam con le Conferenze episcopali dei Paesi latinoamericani, dalle parole del card. Hummes, “questa nuova realtà non può limitarsi ad essere un organo esclusivamente episcopale, un segretariato o una commissione; ma secondo le esigenze della realtà stessa, era necessario che avesse il livello di Conferenza; con la capacità di generare vita e accogliere diversi membri, non solo i vescovi di questi territori”. Il porporato ha affermato che la Ceama cerca di essere a fianco del popolo e di rappresentanti delle diverse etnie, mentre “i vescovi saranno responsabili delle questioni relative alla fede, alla morale e all’attività pastorale. Tutti però avranno la possibilità di votare e di esprimere la propria opinione, perché è un organismo diversificato, che accoglie tutti e mostra che c’è consapevolezza che le persone consacrate non sono sole nei loro territori”.

Il cardinale ha anche spiegato che attualmente la Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia attende il riconoscimento canonico dei suoi statuti da parte dei diversi dicasteri della Santa Sede, ma sotto la direzione di Papa Francesco, “sta già lavorando, perché questo processo sinodale di una Chiesa in uscita non deve fermarsi. La Chiesa deve spingersi fino in fondo per ascoltare con determinazione, prestando attenzione alle comunità, perché sono loro che possono parlare della vita del territorio e costituire la base della sinodalità”. Nell’ambito della pratica sinodale incoraggiata dalla Ceama, ha affermato il card. Hummes, vengono sollevate una serie di urgenze pastorali che dovrebbero guidare le loro azioni. Tra questi c’è il mantenimento dell’opzione preferenziale per i poveri, lavorare con e dalle periferie, promuovere la partecipazione delle donne ai diversi processi guidati dalla Chiesa, promuovere la riflessione sui ministeri ordinati e attuare una diversa pratica pastorale con una una dimensione indigena, capace di favorire la salvaguardia della natura, a partire da una Chiesa inculturata”.

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