“Non mi chiamo rifugiato” dà la parola ai protagonisti “che narrano in prima persona la loro storia, presentando così in modo nuovo il dramma di chi è costretto a intraprendere un viaggio attraverso l’ignoto per cercare un Paese sicuro in cui realizzarsi umanamente”, spiegano i promotori. Ogni storia viene contestualizzata da un punto di vista storico, politico e sociale, per accompagnare il racconto nel suo evolversi e fornire gli strumenti per immedesimarsi nel vissuto del protagonista. “Il rifugiato – precisano – smette in questo modo di essere semplicemente un numero o una statistica: da entità generica torna ad essere persona con il proprio vissuto, i propri affetti, le proprie paure e i progetti di vita”. Il titolo “Non mi chiamo rifugiato” è “un modo per affermare un’identità personale in contrapposizione allo stereotipo che si limita a descrive la condizione del rifugiato come un generico fenomeno sociale, un numero in una fredda statistica”. Gli spunti musicali sono scelti in base alla provenienza geografica o etnica del protagonista. La trasposizione sul portale Vatican News e la diffusione tramite i social media mirano a coinvolgere e informare.