Il croato, il tedesco e il serbo siano riconosciuti come lingue minoritarie tradizionalmente parlate in Slovenia; l’insegnamento della lingua e della cultura dei Rom, il romanì, sia ulteriormente sviluppato; risorse sufficienti assicurate per programmi televisivi in ungherese e italiano; si sensibilizzi, attraverso i media e l’istruzione, l’opinione pubblica sulle lingue regionali e minoritarie. Questo chiede alla Slovenia il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, alla luce del rapporto di valutazione del Comitato di esperti riguardo la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Ungherese e italiano in alcune zone sono riconosciute come “lingue co-ufficiali” e quindi già “protette”, con una serie di misure e iniziative, che però non sono sufficienti: occorre, ad esempio, rafforzare il bilinguismo (soprattutto rispetto all’ungherese), garantire risorse sufficienti per programmi radiofonici e televisivi (ungherese e italiano), bisogna usarle di più nell’amministrazione e anche negli ospedali. Il croato, tedesco e serbo invece non sono ancora state riconosciute come “lingue minoritarie tradizionali”, cosa che le renderebbe meritevoli di protezione e dovrebbe portare allo sviluppo di “modelli educativi dalla scuola materna all’istruzione secondaria” o di programmi radiofonici e televisivi locali. Lo stesso vale per il romanì; in generale, dice il Comitato dei ministri, la società slovena va sensibilizzata “a tutte le lingue regionali o minoritarie, alla loro storia e alle loro culture come parte integrante del patrimonio culturale sloveno”.