Cosa dire a chi pratica “una falsa compassione”, dando adito a pratiche non accettabili dalla Chiesa, come l’eutanasia e il suicidio assistito? “La falsa compassione non è giusta, non è retta, perché non rispetta il diritto del malato ad essere accompagnato in tutte le fasi della vita”. Il card. Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, ha risposto così alle domande dei giornalisti, nel corso della conferenza stampa di presentazione, in sala stampa vaticana, della lettera Samaritanus bonus. “Dobbiamo cerare di essere molto vicini ai malati, perché qualche volta gli atteggiamenti sono molto più importanti dei ragionamenti”, ha proseguito il porporato parafrasando Paolo VI, secondo il quale “il nostro tempo crede molto di più ai testimoni che ai maestri”. “La testimonianza muove di più dell’insegnamento, anche se le due cose non sono in alternativa: non si tratta tanto di cosa dire, ma di cosa posso fare, della mia testimonianza. Se l’insegnamento non è accompagnato dalla testimonianza, perde il suo valore. Basta pensare alla storia della Chiesa: la fede si è propagata attraverso i martiri, cioè i testimoni”. Interpellato in merito ad uno degli obiettivi del nuovo testo, quello di evitare ogni “ambiguità” sui temi legati alla fine della vita, e sul possibile riferimento alle “ambiguità” di qualche vescovo in materia, Ladaria ha risposto: “Nessun vescovo parla in maniera infallibile: il magistero della Chiesa è articolato e si esplicita a molti livelli”.