Non è facile essere “miracolati”. Lo sostiene in un’intervista al Sir Elena Valdetara Canale, protagonista di uno dei due presunti miracoli attribuiti all’intercessione di Rosario Livatino: la guarigione “inspiegabile” nel 1996 da un linfoma di Hodgkin, diagnosticato nel 1993 e per il quale i medici le avevano dato un paio d’anni di vita. Oggi, 30° anniversario dell’uccisione del giovane magistrato per il quale è in corso la causa di beatificazione, Elena ricorda la “felicità della vita ritrovata, del poter essere di nuovo sposa e madre” ma anche “il senso di colpa”, il sentirsi una privilegiata rispetto a “molti malati gravissimi più giovani di me, anche tanti bambini”. Due anni dopo muore in un incidente stradale una delle sue figlie, Cecilia, a poco più di 18 anni. “Ho avuto un moto di ribellione: Signore, perché? Io ero pronta, rassegnata. Potevi prendere me anziché lei! Perché lasciarmi qui a vedere un figlio precedermi nella strada verso la vita eterna?”, ci confida. Ma nel 2001 muore anche Simona, figlia con sindrome di Down e cardiopatìa congenita. La sofferenza è immensa, tuttavia Elena capisce che “la vera vita è la vita eterna” e con il marito Giovanni adotta il loro quinto figlio, Andrea, anche lui affetto da sindrome di Down ma fortunatamente senza problemi al cuore”. “E’ la nostra gioia”, dice.
Elena ora pensa “alla resurrezione che aspetta tutti noi quando il Signore vorrà. La mia guarigione è stata un segno dell’amore di Dio”, ma è la vita eterna “il vero, grande miracolo, e noi, qui sulla terra, abbiamo il compito di prepararci a quel momento”. E pensa a Maria sotto la croce, alle parole di Gesù a sua madre: ‘Ecco tuo figlio’, e all’apostolo: ‘Ecco tua madre’. Come Giovanni rispetto a Maria, siamo tutti figli adottivi”. “Cecilia e Simona – conclude con un sorriso – dal cielo ci proteggono e hanno preparato il nostro cuore ad accogliere Andrea. Penso a Maria sotto la croce … siamo tutti figli adottivi”.