“La chiamano ‘Villa Inferno’ e mi chiedo quante altre ville perverse esistano intorno a noi, in cui si consuma l’adolescenza dei ragazzi: la strada, il web, l’appartamento accanto al nostro…”. Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict), interviene sul fatto di cronaca accaduto a Bologna ed il coinvolgimento di una adolescente
“La droga in Italia – afferma Squillaci – ha un giro di affari di oltre 15 miliardi di euro e il consumo di sostanze è percepito dai giovani come un marker di successo, identitario pericolosissimo. Oggi, le droghe e i comportamenti additivi sono i sostitutivi dei legami sociali. ‘Villa inferno’ è uno dei luoghi in cui si è manifestato il ‘male di vivere'”.
“Abbiamo una adolescenza abbandonata in Italia – continua il presidente della Fict -: ogni anno, ci dicono i dati, sono circa 4mila i ragazzi e le ragazze che decidono di togliersi la vita o tentano di farlo. La società in cui viviamo è difficile, complessa, accelerata dove si chiede agli adolescenti di essere già adulti. Una società che ha delegato la formazione e la trasmissione dei valori ad una cultura del ‘tutto e subito e che sia anche facile ottenerlo'”.
Nei servizi dei centri federati Fict, ricorda Squillaci, “nel 2019 circa il 62% dei minori accolti hanno assunto come prima sostanza di abuso l’eroina (12%), la cocaina (11%) e la cannabis (39%). E sono solo una parte che chiede aiuto”.
Di qui l’appello: “Riconsegniamo l’adolescenza ai nostri figli, ridiamo loro nuovi e solidi riferimenti valoriali, fortifichiamo reti sociali e culturali che vadano a consolidare l’autostima ed il rispetto del proprio corpo, ritornando all’’essere’ per riconsegnare ai giovani il loro giusto ruolo. Valorizziamo la cultura per colmare e rispondere al vuoto e al malessere esistenziale”.
Secondo il presidente della Fict, “abbiamo perso la ‘connessione emotiva’ con i nostri figli, connessi, invece, ad un mondo virtuale dove un like è motivo di ‘approvazione’, la stima di sé è delegata all’approvazione degli altri, diventando un modello che è ‘vuoto a perdere'”. Si tratta di una “generazione dalla testa china” con” i tablet in mano, dove si vive la propria vita in terza persona, senza esserne coinvolti e con ritmi di vita che durano secondi”.
Conclude Squillaci: “Gli adulti tutti si assumano la responsabilità dei ragazzi perché loro sono il futuro: aiutiamoli a ‘stare sul pezzo delle loro emozioni’”.