Questa mattina Papa Francesco ha ricevuto in udienza, mons. Paul Hinder, vicario apostolico di Arabia del Sud e amministratore apostolico del Vicariato apostolico di Arabia del Nord. Un colloquio nel quale “abbiamo brevemente ricordato il viaggio ad Abu Dhabi del febbraio 2019 e parlato anche della prossima enciclica “‘Fratelli tutti’ che, pur se non direttamente, si colloca nel solco del ‘Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune’ firmato ad Abu Dhabi dal Pontefice e dal grande imam di Al-Azhar Ahamad al-Tayyib”.
In questi giorni la penisola arabica vive un particolare fermento diplomatico, con la firma degli “Accordi di Abramo” tra Israele, Bahrein ed Emirati Arabi Uniti e dei colloqui intra-afghani, in Qatar, tra Talebani e Governo afghano, entrambi sponsorizzati dagli Usa. Per mons. Hinder “si tratta di passi importanti. Possono essere una spinta verso una riconciliazione più globale ma il cammino è ancora lungo e ci sono diversi interessi di parte in ballo. Per questo – avverte il vicario – è importante che la Chiesa non venga strumentalizzata dalle diverse parti in causa. Gli interessi sono molti. Bisogna che la Chiesa sia attenta. Siamo ovviamente interessati a ogni riavvicinamento e a ogni possibile dialogo che alimenti la reciproca conoscenza e tolleranza. Queste, infatti, possono essere preludio ad una sempre maggiore comprensione e collaborazione in settori come le migrazioni e adesso nell’emergenza Covid-19. Si tratta di sfide che non guardano direttamente alle religioni ma sono ambiti di impegno dove queste possono dare un contributo importante”.
Circa l’impatto della pandemia Covid-19 sulle comunità cristiane della penisola arabica – dove si stima vivano e lavorino almeno 4 milioni di cattolici, di questi 2,5 milioni solo nel Vicariato del Nord – mons. Hinder dichiara: “Stiamo attraversando una grave crisi economica che spinge molti migranti a lasciare i Paesi della penisola arabica e tornare in patria. Questo avrà conseguenze anche per la nostra Chiesa che non siamo in grado di quantificare, almeno adesso. Il rischio che la primavera, la fioritura cui stavamo assistendo dopo il viaggio apostolico di Papa Francesco del febbraio dello scorso anno, possa essere stata gelata dal Covid-19. Certamente la visita del Pontefice ha favorito il clima di dialogo, si respira un clima più positivo. Permane un certo rischio di ingerenza nella vita liturgica delle nostre comunità che è troppo condizionata da regolamenti che forse andrebbero un po’ allentati. Non dimentichiamo che siamo una Chiesa sacramentale. Mai come in questo tempo di pandemia lo abbiamo sentito con forza: abbiamo bisogno di acqua per il battesimo, di olio per la cresima, di pane per l’Eucarestia. I musulmani a volte faticano a capire il perché di questi simboli. Essi sono orientati verso una religione che legge, recita, non ha di questi segni. Dobbiamo per questo spiegare loro che non è possibile applicare sempre le stesse regole”.