La pandemia da Covid-19, tra gli innumerevoli altri effetti, ha prodotto tra gli altri anche un cambiamento della comunicazione, anche nella Chiesa. Ad analizzare la questione è padre Paul A. Soukup, corrispondente dagli Usa per “La Civiltà Cattolica” e responsabile del dipartimento di Comunicazione alla Santa Clara University (California). Sullo sfondo l’approccio agli studi sulla comunicazione noto come “ecologia dei media”, secondo il quale la comunicazione è un ambiente in cui interagiscono diversi elementi nel quale una qualsiasi parte, cambiando, influisce su tutte le altre.
Secondo l’autore, durante la pandemia la Chiesa “è tornata ad antiche consuetudini di comunicazione – recuperando in particolare la centralità della devozione eucaristica e delle varie pratiche che si possono compiere a casa e a livello locale”, mentre le risposte alla pandemia “hanno messo da parte, se non reso obsoleta, una parte dell’autorità della Chiesa, laddove le direttive della società civile e dei funzionari della sanità pubblica hanno soppiantato la legge ecclesiastica”. Interessante notare, l’analisi di Soukoup, “come non sembri aver influito sul ruolo centrale del Papa e sul ruolo simbolico che il papato svolge pubblicamente”. Guardando al futuro, suggerisce Soukoup, la Chiesa “potrebbe valutare più consapevolmente le risposte pratiche adottate dalle parrocchie e dalle diocesi – realtà recuperate dal passato, come la Comunione spirituale – e interrogarsi sul loro valore teologico”. Forse la sua teologia eucaristica “non è andata sempre al passo con la sua pratica eucaristica. Allo stesso modo – conclude –, la Chiesa potrebbe riflettere sull’accentuazione o sul peso che accorda ai diversi modelli di sé. In qualche modo, la pandemia ha fatto prevalere la concezione dell’annuncio rispetto a quella sacramentale”.