“Possiamo e dobbiamo lavorare la terra per vivere e svilupparci”, ma “il lavoro non è sinonimo di sfruttamento, ed è sempre accompagnato dalla cura: arare e proteggere, lavorare e prendersi cura… Questa è la nostra missione”. Lo ha spiegato il Papa, durante l’udienza di oggi, pronunciata dal Cortile di San Damaso di fronte a circa 500 fedeli. “Non possiamo pretendere di continuare a crescere a livello materiale, senza prenderci cura della casa comune che ci accoglie”, l’appello di Francesco: “I nostri fratelli più poveri e la nostra madre terra gemono per il danno e l’ingiustizia che abbiamo provocato, e reclamano un’altra rotta, reclamano da noi una conversione, un cambio di strada: prendersi cura anche della terra, del creato”. Per questo, secondo il Papa, “è importante recuperare la dimensione contemplativa, cioè guardare il creato come un dono, non come una cosa da sfruttare a mio profitto”: “Quando contempliamo, scopriamo negli altri e nella natura qualcosa di molto più grande della loro utilità”. “E’ qui il nocciolo del problema”, il commento a braccio: “Contemplare è andare oltre l’utilità della cosa. Contemplare il bello non vuol dire sfruttarlo: è gratuito”. Contemplare, inoltre, è scoprire “il valore intrinseco delle cose conferito loro da Dio”: “Come hanno insegnato tanti maestri spirituali, il cielo, la terra, il mare, ogni creatura possiede questa capacità iconica, questa capacità mistica di riportarci al Creatore e alla comunione con il creato”. L’esempio citato è quello di Sant’Ignazio di Loyola, che alla fine dei suoi Esercizi spirituali, invita a compiere la “contemplazione per giungere all’amore”, cioè – ha spiegato Francesco – “a considerare come Dio guarda le sue creature e gioire con loro; a scoprire la presenza di Dio nelle sue creature e, con libertà e grazia, amarle e prendersene cura”.