Papa Francesco: udienza, “il problema è quale sarà la vita della generazione futura”. “Contemplare per curare”. “Debito di riconoscenza e penitenza” verso i popoli indigeni

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Qualcuno può dire: ‘ma io me la cavo così’. Ma  il problema non  è come tu te la caverai oggi – questo lo diceva un teologo tedesco protestante – il problema è quale sarà l’eredità, la vita della generazione futura”. Così il Papa, al termine dell’udienza di oggi, ha sintetizzato il dovere di prendersi cura del creato. “Pensiamo ai figli, ai nipoti”, l’invito ai circa 500 presenti nel Cortile di San Damaso: “Cosa lasceremo noi se sfruttiamo il creato?  Custodiamo questo cammino, diventando custodi del creato, della vita, della speranza. Affinché possano goderne le generazioni future”. “Penso in modo speciale ai popoli indigeni, verso i quali abbiamo tutti un debito di riconoscenza, anche di penitenza, per riparare il male che abbiamo fatto loro”, l’esempio scelto dal Papa: “Ma penso anche a quei movimenti, associazioni, gruppi popolari, che si impegnano per tutelare il proprio territorio con i suoi valori naturali e culturali. Non sempre queste realtà sociali sono apprezzate, a volte sono persino ostacolate, perché non producono soldi, ma in realtà contribuiscono a una rivoluzione pacifica, potremmo chiamarla la ‘rivoluzione della cura’”. “Contemplare per curare, contemplare per custodire: noi, il creato, i nostri figli, nostri nipoti, il futuro”, l’invito finale: “Contemplare per curare e per custodire e per lasciare un’eredità alla futura generazione. E questo non è da delegare ad alcuni, è il compito di ogni essere umano. Ognuno di noi può e deve diventare un custode della casa comune, capace di lodare Dio per le sue creature, di contemplarle e di proteggerle”.

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