Compiere “passi efficaci e coraggiosi” per un’agenda e un itinerario politico e sociale che, con una visione del Paese, siano finalizzati ad affrontare le “grandi e legittime questioni sostanziali, causa di malcontento”. È l’invito che arriva, attraverso una nota diffusa ieri, dal Comitato permanente della Conferenza episcopale cilena. Invito rivolto a tutti gli attori che sono coinvolti a cercare un cammino di pace nella regione dell’Araucanía, dove da molto tempo e anche nelle ultime settimane, si susseguono episodi di protesta e violenza, legati soprattutto alle rivendicazioni del popolo indigeno mapuche. In seguito ad alcuni arresti, vari leader mapuche sono in sciopero della fame da oltre due mesi.
I vescovi manifestano “profondo dolore ed enorme preoccupazione” per tali episodi di violenza, che hanno portato anche alla morte di alcune persone, e in particolare per “gli scontri tra civili”. E proseguono che “la storia non si stanca di insegnarci che qualsiasi atto di violenza produce soltanto nuove ingiustizie, dolore, povertà e ulteriore violenza, aumentando le fratture sociali, sempre più difficili da sanare”.
Si richiede inoltre che tutti gli attori, “attraverso il dialogo e gli accordi, mostrino di essere in grado di riconoscere la diversità di una regione dove il multiculturalismo è sempre stato presente”.
I vescovi ritengono che nella giusta unità di uno Stato multiculturale sia possibile riconoscere la preziosa diversità che “consente l’armoniosa convivenza di tutti”, insieme a un equo sviluppo politico e sociale.
Perciò, prosegue la nota, “confermiamo e condividiamo la preoccupazione di molti per il percorso incompiuto nei processi di verità storica, riconciliazione, nuovo trattamento, riparazione, politica fondiaria e una nuova istituzionalità indigena, processi a cui lo Stato si è impegnato anche in sede di ratifica di trattati internazionali”.