“Un autentico profeta-guardiano”, interessato solo a cercare la conversione e la salvezza dei peccatori, ingaggiando per questo una lotta senza sosta contro il Maligno e diventando così “la voce risonante di Dio”, in una vita vissuta “in totale fedeltà e coerenza” fino alla fine dei suoi giorni. È il ritratto del curato d’Ars, tracciato nell’omonimo santuario dal card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, nella messa celebrata in occasione della festa liturgica di san Giovanni Maria Vianney. Nell’omelia, il porporato ha trasmesso la vicinanza e la preghiera del Papa e ha citato la lettera che Francesco aveva scritto lo scorso anno in occasione del 160° anniversario della morte di San Giovanni Maria Vianney, le cui spoglie sono custodite nel santuario a lui dedicato nella cittadina francese. Il segretario di Stato vaticano ha ricordato che il curato d’Ars “non solo ha partecipato al potere taumaturgico del Signore, guarendo e curando completamente le persone”, ma ha favorito nuove e abbondanti vocazioni. Citando quanto scritto da Francesco nella Lettera ai sacerdoti, Parolin ha esortato a non lasciarsi scoraggiare dai danni provocati “dal comportamento deviante” di alcuni preti, ricordando che la vocazione è “un dono gratuito”, “totalmente immeritato”, da accogliere “con umiltà e preghiera” e per il quale ringraziare sempre il Signore. La figura del curato d’Ars, ha concluso, “ci insegna a trasmettere gioia e speranza attraverso la testimonianza della nostra vita personale e ad essere costanti e perseveranti nel nostro ministero”.