Mantenere correttamente il diritto all’obiezione di coscienza “per tutto il corso dell’intervento abortivo”. Lo chiede il documento dei Centri di aiuto alla vita (Cav) dedicato alle nuove linee di indirizzo ministeriali sulla Ru486, approvato il 29 agosto, durante il corso di alta formazione per operatori Cav (Folgaria, 23-30 agosto). Esprimendo “solidarietà nei confronti dei medici e di tutto il personale obiettore”, gli estensori del testo chiedono che “l’intero percorso dell’aborto farmacologico, dalla somministrazione della prima pillola all’espulsione del figlio fino alla chiusura della cartella clinica, avvenga sotto il controllo e la responsabilità dei medici e del personale non obiettore”.
Ai governatori delle regioni il documento chiede di provvedere a stilare, “in virtù dell’autonomia organizzativa regionale del nostro Sistema sanitario nazionale, protocolli diversi da quelli indicati dalle linee di indirizzo ministeriali in modo da evitare la banalizzazione e la privatizzazione dell’aborto”. I candidati alle prossime elezioni regionali sono invece invitati ad “un serio e formale impegno ad inserire nella propria agenda politica la tutela del diritto alla vita dal concepimento”; la tutela della maternità nella fase della gravidanza; l’attenzione ai consultori affinché svolgano “reale attività di prevenzione dell’aborto una volta che il concepimento è avvenuto”; il sostegno anche economico e la promozione di realtà che “si adoperano per favorire percorsi di nascita condividendo le difficoltà delle gestanti e liberandole dai condizionamenti che le porterebbero all’aborto”.
Occorre “rivolgere lo sguardo sul concepito riconoscendolo un essere umano a pieno titolo, un figlio, uno di noi” perché, conclude il documento, “riconoscere l’uguale dignità di ogni essere umano dal concepimento” è “dovere basilare dell’intero ordinamento giuridico e sorgente da cui scaturisce un generale rinnovamento della società”.