“Nessuno ti avverte che se lo fai, uccidi anche una parte di te e quella morte te la porti dentro tutta la vita”. Con parole serene, ma accorate, Beatrice Fazi, ora moglie felice, mamma di quattro figli e attrice di successo, racconta in un’intervista al Sir l’interruzione volontaria di gravidanza vissuta a vent’anni e la profonda ferita che le ha provocato, sprofondandola per anni in un vortice di sofferenza. Una ferita rimarginata a fatica ma che ogni tanto riprende a sanguinare. Ragazza di provincia, arrivata diciottenne a Roma e rimasta incinta due anni dopo con un uomo di quaranta che non ne ha voluto sapere del bambino, Beatrice, alla quale non è stato offerto alcun aiuto – “mi sono sentita rifiutata”, dice -, non vede altra soluzione che l’aborto. Subito dopo, racconta, “si aperta in me una profonda ferita, un vuoto, una sorta di buco nero che mi inghiottiva, dilaniata dai sensi di colpa”.
“Non riesco ancora a parlarne senza soffrire – ammette -. Malgrado io abbia fatto tutto un percorso, abbia ricevuto il perdono del Signore e abbia perdonato me stessa, continuo a farci i conti. Ho quattro figli meravigliosi, un marito che mi ama più della sua vita, ma nonostante ciò riconosco in me una parte oscura che parla di morte, accovacciata alla mia porta e che ogni tanto mi fa sentire questo buio dentro”. E poi, assicura, “le conseguenze dell’aborto le paga anche chi ci sta intorno: ho fatto scontare ai miei figli quel diritto alla vita negato al loro fratellino con l’essere una madre talvolta troppo severa, esigente e perfezionista”.