Duecentotrentanove colpi di gong a scandire, ognuno, i nomi delle vittime, in un silenzio assordante fino ad arrivare a quelle fatidiche 3.36, l’ora del sisma del 24 agosto 2016. E poi dei versi, “Amatrice non molla, vuole ancora volare”. È cominciata così, nel campo di calcio di Amatrice, la veglia di preghiera in ricordo delle vittime del terremoto e terminata con la deposizione di lumini al memoriale nel parco don Minozzi. “Continuare a condividere i pesi gli uni degli altri” è stata la preghiera del vescovo Pompili che ha esortato a non perdere la speranza anche quando “sembrerebbe che la cosa migliore sarebbe quella di andare altrove”. Un invito a scommettere sul futuro ma con l’atteggiamento di chi “vuole fare qualcosa prima per gli altri e poi per se stessi”. Che è l’atteggiamento testimoniato in questi anni da tanti parenti delle vittime, “che sono orfani di una presenza che li ha impoveriti in modo irreversibile”, e tuttavia “sono capaci di andare avanti nella vita di ogni giorno dando addirittura la precedenza ad altri”. “Questa grandezza d’animo – ha sottolineato mons Pompili le cui parole sono riportate dal sito diocesano andareoltre.org – è il segno di una speranza che non muore”, e aiuta a capire le parole di Gesù quando annuncia la beatitudine di chi piange e di chi ha fame e sete, mentre mette in guardia i ricchi e i sazi. “Non si tratta di un augurio per alcuni o di una maledizione per altri. Ma dell’assicurazione che anche la condizione ad oggi più compromessa può essere aperta al futuro. Mentre quella più garantita può essere esposta al fallimento. Soltanto condividendo quello che si è e si ha sarà possibile capovolgere la realtà”.