Essere “di nuovo a Lourdes, in un anno tutto particolare, con un’emozione diversa, con un’intenzione unica, con la consapevolezza di un privilegio nel rappresentare tantissimi altri pellegrini di Roma, d’Italia e del mondo che quest’anno non sono potuti partire, per diversi motivi che conosciamo”. Lo ha sottolineato, stasera, il cardinale vicario Angelo De Donatis, nell’omelia della messa di inizio del pellegrinaggio della diocesi di Roma a Lourdes.
“Siamo qui per affidare a Maria il nostro cammino diocesano… Questo periodo non è stato una ‘parentesi’, ma piuttosto un tempo in cui siamo ‘stati arati’ per fare di noi ‘il terreno buono’ che accoglie il seme dei doni di Dio, nel buio, nel silenzio e nella prova”, ha osservato il porporato, ricordando che “quest’anno è stato per l’umanità un inizio di crisi, economica, sociale, psicologica, relazionale. Ma anche per noi cristiani è stato ed è un tempo in cui abbiamo dovuto rinunciare a tante sicurezze, per essere invitati a ricominciare, facendoci piccoli. È stato commovente sapere che tante famiglie, soprattutto nella Settimana santa, siano diventate veramente piccole chiese domestiche, dove i genitori hanno aiutato i figli a pregare e a vivere l’attesa della Pasqua e dove i figli hanno accompagnato i genitori sulla via della semplicità”.
Il cardinale ha evidenziato: “Siamo a Lourdes per rinunciare all’uomo vecchio che in noi crede di sapere tutto… e ‘ricominciare’, come un bambino influenzato a cui la mamma misura la febbre”. E “mai come quest’anno ci siamo lasciati misurare la temperatura… Lasciamo ora che sia Maria a misurare la nostra capacità di amare come una madre che non ha bisogno di termometri, ma a cui basta passare la mano sulla fronte del figlio per capire se ha la febbre. Quella mano si sposterà poi al petto, per farmi capire che sono chiamato a passare dalla testa, dalle mie idee e dalla mia volontà, al cuore, dove dimora Dio. Poi mi toccherà, in un secondo tempo, le spalle – sinistra e destra – per aiutarmi ad avvicinare gli estremi, a canalizzare l’amore a servizio dell’unità”.
Questa, ha sostenuto il card. De Donatis, “è la vera penitenza che ci chiede il Signore attraverso Maria e Bernadette: usare testa, cuore e spalle, amare Dio con tutta la mente, con tutta l’anima, con tutte le forze”. Solo così “ci apriremo alla fecondità dell’amore, dove la prima fecondità è quella delle relazioni. Occorre morire all’io per far nascere il ‘tu'”.