Ieri, improvvisamente, è tornato alla Casa del Padre don Giampiero Arabia, presbitero, originario di Rogliano (Cs), incardinato nella diocesi di Roma. Architetto, insegnante e teologo, da pochi anni svolgeva il ministero nella missione di Aquisgrana, in Germania.
Era rientrato in Italia per per poter raggiungere nei prossimi giorni la famiglia nella cittadina di Rogliano. Ma, improvvisamente, accusando un malore, è stato ricoverato nel Policlinico Umberto I di Roma, dove si è spento subito dopo.
Conosciuto in Italia e anche all’estero tra i più raffinati maestri dell’arte del mosaico, don Giampiero Arabia si era formato nel liceo artistico di Cosenza e nel seminario San Pio X di Catanzaro. Nel corso della sua lunghissima carriera ha realizzato mosaici monumentali, come il presbiterio della cattedrale dell’Avana a Cuba e il presbiterio della chiesa di San Luca Evangelista con circa 300 metri quadrati di mosaici, commissionati da enti pubblici di rilevanza internazionale, dal Vaticano – nella Cappella dei vescovi del Palazzo lateranense c’è una sua opera eseguita nel 2013 – e anche da istituzioni museali, tra cui il Museo del Presente di Rende, che desiderano dare particolare risalto a grandi superfici attraverso una tecnica poco comune e che richiede grande maestria e dedizione per essere realizzata.
Una delle ultime opere di don Arabia è stata inaugurata il 25 marzo 2017 nella parrocchia Santa Maria del Soccorso di Reggio Calabria, guidata da mons. Giorgio Costantino, che ha commissionato il maestoso maestoso mosaico, realizzato sulla parete centrale della chiesa.
Un mosaico ricco di simboli: al centro la Madonna del Divin Soccorso con San Francesco di Paola. La Madre accoglie e sostiene, da una parte, le anime consacrate, che è possibile contemplare sul lato sinistro del mosaico; dall’altra, i mendicanti in cerca di aiuto. I colori dell’opera realizzata da don Arabia riprendono il mattonato di cui la chiesa è rivestita, ma lasciano spazio – nella parte destra – all’azzurro del mare con due barche a vela: proprio quel mare, che è simbolo della città reggina con il suo porto; un particolare che racchiude il senso profondo dell’opera. Da quel mare, infatti, giungono frequentemente tanti profughi nella città dello Stretto, migranti in cerca di soccorso, che l’autore con tratti tenui e umani.