“Giffoni getta le basi per fondare la comunità del futuro. Qui nasce il germe di una nuova umanità. Inventate, progettate. Conservate lo spirito, l’energia e l’entusiasmo che si respira in questi luoghi. Da oggi per me Giffoni non è un paese o un festival, ma il participio presente di un nuovo verbo, Giffoning, perché tutto è in divenire”. Erri De Luca, scrittore, giornalista, poeta e traduttore, ha raccontato, intervenendo ieri al Giffoni Film Festival, il suo rapporto con la scrittura e i suoi esordi, senza sottrarsi alle numerose domande dei giffoner, dal rapporto tra uomo e natura, che lo ha visto protagonista del dibattito nazionale anche in piena pandemia, al ruolo dei giovani, dalle fragilità dell’essere umano alle contraddizioni dell’adolescenza. Si definisce un lettore e non uno scrittore, “perché ho sempre trovato molta più soddisfazione nel leggere che nello scrivere. La lettura ti regala illuminazioni”. I percorsi si intrecciano nell’infanzia e i ricordi portano alla biblioteca paterna, un luogo senza censure e, soprattutto, senza libri per bambini.
Per De Luca, “leggere molto ci rende proprietari della nostra lingua e non clienti. Leggere ha un effetto sanitario, perché il libro migliora il sistema immunitario e ci fortifica nei confronti delle bugie e delle falsificazioni”.
Il primo libro scritto poco prima dei quarant’anni, “ma questo non ha fatto di me uno scrittore se non agli occhi di mio padre. E neanche ora posso definirmi scrittore. Diffido di chi fa della scrittura un mestiere e anche delle scuole di scrittura, non le ho mai frequentate, né ho mai accettato inviti per insegnarvi. Per essere uno scrittore devi abbracciare la rassegnazione esclusiva di mettere tutto dentro la scrittura. Per questo – ha detto rivolgendosi ai ragazzi – non vi inviterei a seguire questa strada”.