“Si accelerebbe a Torino un processo che già c’è. Abbiamo una ricerca accademica di alto profilo a livello internazionale. Esiste un ecosistema a carattere accademico e industriale che verrebbe accelerato”. Lo dice al Sir don Luca Peyron, docente di Teologia con un corso su Trasformazione digitale e direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria dell’arcidiocesi di Torino, al cui interno l’arcivescovo ha attivato a novembre il Servizio per l’apostolato digitale, in riferimento alla candidatura di Torino a sede del futuro Istituto nazionale dell’intelligenza artificiale, promossa dalla diocesi. A farsi promotore dell’iniziativa la diocesi, attraverso il sacerdote e l’incoraggiamento di mons. Nosiglia. “L’intelligenza artificiale deve essere disegnata prima e sviluppata poi in maniera eticamente corretta – spiega don Peyron -. L’esserci come Chiesa è a presidio di questo aspetto. L’attenzione alla dimensione etica è determinante. Occorre un’assunzione di responsabilità dei soggetti interessati”.
Spiegando la genesi della proposta, don Peyron cita il documento con le linee guida dell’intelligenza artificiale in Italia, preparato da alcuni esperti nominati dal Mise, un testo “importante dal punto di vista valoriale”. “Lì vi è la proposta dell’istituzione di un Centro italiano dell’intelligenza artificiale. Quindi, abbiamo lanciato l’iniziativa. Questo ha generato un’onda enorme. La Chiesa può porsi in maniera profetica rispetto a una situazione, un tema e un territorio, proponendo, non cassando quello che si pensa che debba o no andare. Così la Chiesa può diventare attore di bene comune, in un tema cruciale nella vita di ogni giorno”.
Il progetto vuole essere “inclusivo”: “Tutti gli attori che possono essere presenti sulla scena lo siano davvero”. E, per quanto riguarda la Chiesa, il suo ruolo è indicato da don Peyron. “Possiamo essere a presidio facendo quello che san Pietro dice nella sua prima lettera: ‘È necessario cingersi la mente, non solo le vesti’, cioè rimboccarsi le maniche e agire. Lo si può fare mettendo a servizio dell’evangelizzazione il pensare. Quindi, la Chiesa deve portare in dote il proprio pensiero a tutti gli altri soggetti, perché ha una parola sull’uomo”.