(Rimini) Basilica di Betlemme in mostra al Meeting di Rimini. Al centro dell’esposizione il restauro della chiesa portato avanti dalla azienda specializzata Piacenti Spa, che ha visto all’opera oltre 400 persone per 64 enti tra aziende, università e professionisti. Ad inaugurarla ieri, in apertura di Meeting, l’ambasciatrice della Palestina in Italia, Abeer Odeh. La mostra, curata da Mariella Carlotti, si intitola “Bethlehem Reborn” e racconta tutte le acquisizioni culturali e scientifiche dei quasi dieci anni di lavori. Per la prima volta nella storia viene illustrato, attraverso gli interventi di restauro e di scavo archeologico, tutto lo spazio della basilica, dal sistema di grotte fino al tetto, a partire dalle fasi più antiche fino ai giorni nostri, “attraversando un lungo periodo di abbandono e degrado che aveva messo in serio pericolo le architetture del monumento, fino al momento in cui, grazie ad un accordo storico, l’Autorità nazionale palestinese ha impegnato ingenti risorse economiche e professionali per gestire un progetto di restauro in condizioni sociali, politiche e diplomatiche molto delicate, armonizzando le istanze delle tre comunità religiose”. Il percorso espositivo si sviluppa parallelamente “in versione fisica” al Palacongressi di Rimini, sede del Meeting, e virtuale, su una piattaforma dedicata. La mostra, fortemente voluta e sostenuta dall’Ambasciata dello Stato della Palestina presso la Santa Sede in collaborazione con la Fondazione Meeting per l’Amicizia fra i popoli, intende così “far conoscere al mondo intero il volto rinnovato di un Paese, un luogo restituito al mondo e alle comunità cristiane di Betlemme e della Palestina. Un’esperienza di conoscenza e di spiritualità destinata a cambiare il concetto di restauro e di pace”. La narrazione è affidata ai testi dell’archeologo Alessandro Fichera e dei restauratori della Piacenti Spa, ai video di Tommaso Santi, sceneggiatore e regista, autore del pluripremiato documentario “Restaurare il Cielo”, alla storica dell’arte Mariella Carlotti, già curatrice della mostra del 2016, e a Taisir Hasbun, scenografo ed editore di origini palestinesi da lunghi anni residente in Italia.