“Senza memoria non si potranno non commettere ancora gli errori del passato. Questa giornata è il tentativo di fermare l’oblio che facilmente può scendere sulle tragedie che nascono da gravissime colpe. Non ci stancheremo mai di chiedere rispetto per la memoria e giustizia, perché sono l’unica speranza per il futuro”. Lo ha affermato Egle Possetti, presidente del comitato dei familiari delle vittime di ponte Morandi, nella cerimonia inaugurale della “Radura delle memoria” in occasione del secondo anniversario del crollo del Ponte Morandi.
Lo spazio oggi inaugurato, ha sottolineato Possetti, è “un primo embrione del futuro memoriale che dovrà essere completato e che sarà necessario affinché questa tragedia vergognosa possa restare incisa per sempre”.
“Non ci stancheremo mai di dire queste parole: rispetto, memoria, giustizia, perché pensiamo siano l’unica speranza per il futuro”, ha proseguito, ringraziando poi i presenti e “quelli che ci sono sempre stati vicino”. Possetti ha poi puntato il dito contro i vertici di Autostrade, accusati di “profonda arroganza” per non aver “mai chiesto scusa nei tempi umanamente accettabili” e per aver affermato “di non voler essere trattati come una cameriera, come se chi fa quel lavoro avesse meno dignità”. “Tutto questo – ha aggiunto – unito a millantate manie di persecuzione e alla pretesa di costruire un nuovo ponte dopo quanto avvenuto”. Il Ponte di Genova San Giorgio rappresenta “una rinascita per la città” ma “è solo un piccolo passo per risalire dalla voragine che ci ha colpiti tutti insieme come Nazione”. Per Possetti sono necessarie giustizia e concessioni eque. E “bisogna chiedere con forza quanto ci spetta come cittadini, perché la nostra disperazione serva a qualcosa”. “Dobbiamo essere in grado di mettere da parte un sistema marcio – ha ammonito – che ha fatto crollare un ponte nel 2018, in Italia. I nostri parenti devono essere riconosciuti come vittime di strage”. Possetti ha parlato delle lungaggini dei processi denunciando che “non si può aspettare decenni per una sentenza”. E ha concluso ringraziando le “persone meravigliose”, conosciute in questi due anni “in mezzo alla melma che ci ha gettati a terra”, e pronunciando commossa le parole di un autore americano: “C’è qualcosa di sacro nelle lacrime. Non sono un segno della debolezza ma di potere. Sono messaggeri di dolore travolgente e di amore indescrivibile”.