È di tre morti, tutti indigeni, e circa una dozzina di feriti il bilancio degli scontri avvenuti nella notte tra sabato e domenica nell’Amazzonia peruviana, tra gruppi di indigeni che vivono nel distretto di Puinahua (regione di Loreto) e gli agenti che stavano a guardia dello stabilimento PetroPal corrispondente al Blocco 95, nel municipio di Bretaña. Secondo varie fonti vicine agli indigeni, si è trattato di un massacro ingiustificato, contro persone che manifestavano senza avere con sé armi da fuoco.
“Stavamo parlando, stavamo informando del nostro scopo, spiegando cosa stavamo cercando e lì, nel mezzo della confusione, è avvenuta la sparatoria: la polizia ha sparato a bruciapelo”, riferisce James Pérez, presidente dell’Associazione dei popoli indigeni per lo sviluppo e Conservazione del Puinahua inferiore, in una dichiarazione pubblicata sul sito del Caaap (Centro amazzonico di antropologia e applicazione pratica).
L’Organizzazione regionale dei popoli indigeni dell’est (Orpio) ha rilasciato una dichiarazione attraverso la quale si chiede alle autorità competenti di “chiarire tutto ciò che è accaduto e punire i responsabili, oltre a instaurare un dialogo efficace per non rimpiangere poi eventi” come questi.
L’organizzazione sottolinea che gli indigeni “non avevano armi da fuoco. Portavano le loro frecce solo come strumento di difesa ancestrale, di uso tradizionale e culturale, con l’obiettivo di esprimere la loro condanna e indignazione contro i dirigenti della compagnia petrolifera e dello Stato per l’abbandono e la morte dei loro parenti per mancanza di cure e medicinali, a causa del Covid-19”.
Prosegue la nota: “Vogliamo mettere in chiaro che i fratelli indigeni non avevano armi da fuoco, volevano entrare per prendere in consegna la stazione e sono stati attesi dalle guardie dello stabilimento con armi da fuoco. Sono stati loro a iniziare questo confronto di notte, la polizia tra la folla ha cominciato a sparare a raffica e anche gli stessi poliziotti si sono sparati l’un l’altro, nel buio”.