Un “esame di coscienza quotidiano” riguardo al nostro atteggiamento verso i migranti. A chiederlo è stato Papa Francesco, al termine dell’omelia della messa celebrata nella cappella di Casa Santa Marta, alla presenza del personale della sezione rifugiati del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. “Oggi ricorre il settimo anniversario della mia visita a Lampedusa”, ha ricordato il Papa, che ha ribadito quanto ha detto ai partecipanti al meeting “Liberi dalla paura” nel febbraio dello scorso anno: “L’incontro con l’altro è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto lui stesso. È lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di potere sbarcare. E se avessimo ancora qualche dubbio, ecco la sua parola chiara: ‘In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’”. “‘Tutto quello che avete fatto…’, nel bene e nel male!”, ha esclamato Francesco. “Questo monito risulta oggi di bruciante attualità”, ha commentato: “Dovremmo usarlo tutti come punto fondamentale del nostro esame di coscienza, quello che facciamo tutti i giorni”. “Penso alla Libia, ai campi di detenzione, agli abusi e alle violenze di cui sono vittime i migranti, ai viaggi della speranza, ai salvataggi e ai respingimenti”, l’elenco stilato dal Papa: “Tutto quello che avete fatto… l’avete fatto a me”. “Io ricordo quel giorno, sette anni fa, proprio al Sud dell’Europa – ha raccontato a braccio – in quell’isola, alcuni mi raccontavano le proprie storie, quanto avevano sofferto per arrivare lì. C’erano degli interpreti. Uno raccontava cose terribili nella sua propria lingua e l’interprete sembrava di tradurre bene, ma parlava a lungo e la traduzione era breve. Ho pensato: si vede che questa lingua per esprimersi ha dei giri più lunghi. Sono tornata a casa il pomeriggio e nella reception c’era una signora – pace alla sua anima, se n’è andata – che era figlia di etiopi e capiva la lingua e aveva guardato incontro. Mi ha detto: ‘Quello che il traduttore etiope le ha detto non è che la quarta parte delle torture, delle sofferenze che hanno vissuto loro'”. “Mi hanno dato una versione distillata”, ha commentato Francesco: “Questo succede oggi sulla Libia”, ha commentato Francesco: “Voi non immaginate l’inferno che si vive lì, in quell’area di detenzione. Questa gente soltanto veniva con una speranza: incrociare il mare”. Infine, l’invito a “scoprire il volto del suo Figlio in tutti i fratelli e le sorelle costretti a fuggire dalla loro terra per tante ingiustizie da cui è ancora afflitto il nostro mondo”.