“Lo scenario post-Covid in Africa è inquietante e bisogna diffidare della carità pelosa dei G20, che hanno deciso di sospendere il debito nei confronti dei Paesi africani per un anno. Così non si risolve il problema ma lo si estende alle prossime generazioni”. Questo sarà l’impatto della pandemia in Africa secondo il missionario comboniano padre Giulio Albanese, intervenuto oggi al webinar organizzato da Caritas italiana. Padre Albanese contesta la “scelta criminale di tre agenzie di rating che ad aprile hanno avuto l’idea di declassare le 10 migliori economie africane, tra cui Sudafrica e Nigeria”. Questo “sarà un grande handicap per il futuro – ha affermato – perché non verranno considerate nazioni affidabili”. La crisi del Coronavirus ha inoltre prodotto il crollo delle rimesse dei migranti che risiedono all’estero: “nel 2019 sono arrivati in Africa 37 miliardi di dollari di rimesse, per colpa del Covid-19 ci sarà una contrazione del 23%”. Tra i Paesi più colpiti la Somalia e il Sud Sudan. La recessione planetaria ha inoltre “congelato gli aiuti pubblici allo sviluppo” mentre la chiusura delle frontiere “ha impedito l’import di merci ed ostacolato l’export”, con un “processo speculativo sul valore delle commodities”. In Angola, ad esempio, “il 60% del Pil si regge sull’export di petrolio. Ma ad aprile per venderlo all’estero dovevano pagare l’acquirente. Possiamo immaginare cosa questo ha rappresentato per le casse dello Stato”. “Il Pil delle singole nazioni africane è calato – ha proseguito – e si sta acuendo a dismisura la disoccupazione. Molti lavoratori in Africa sono stati contrattualizzati e oggi si trovano di nuovo sul lastrico perché non ci sono meccanismi di protezione come la Cassa integrazione”. Il missionario si unisce alle richieste di gruppi di economisti “che auspicano una nuova Bretton Wood per rivedere le regole planetarie contro l’economia che uccide” e di giuristi cattolici “che lavorano ad una risoluzione da sottoporre all’assemblea generale dell’Onu per chiedere un parere alla Corte di giustizia dell’Aja sulla legittimità di un sistema economico-finanziario planetario che viola i diritti umani e internazionali”. In Kenya, ad esempio, la Cina “ha prestato talmente tanti soldi al governo di Nairobi da aver chiesto garanzia il porto di Mombasa, che potrebbe diventare proprietà dei cinesi. Gli africani rischiano di non essere più padroni dell’acqua, del cibo che mangiano e dell’aria che respirano”.