“Fare memoria è doloroso. Sentiamo l’assenza, atroce anche a distanza di anni, delle vittime e ci siamo confrontati con la inquietante capacità dell’uomo di compiere il male e con la sua vulnerabilità nel subirlo. Meditiamo come l’uomo può distruggere la vita e anche se stesso, Caino che come Giuda è sempre nostro fratello. Davanti alle tragiche conseguenze di ogni strage, che distruggono la fragilissima meraviglia che è sempre ogni persona, la domanda è: dove sei uomo, cosa hai fatto della tua umanità? Com’è possibile? Chi ascolta la voce di Dio trova se stesso e suo fratello”. Lo ha detto, oggi, il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, nell’omelia della messa celebrata questa mattina nella cattedrale di San Pietro, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in suffragio delle vittime delle stragi di Ustica e della Stazione ferroviaria di Bologna, delle quali quest’anno ricorre il 40° anniversario. “Fare memoria ci riporta, anche a distanza di anni, a sentire le urla, il silenzio, l’angoscia, la speranza e lo sgomento della brutalità della morte. Pensando al dolore proviamo fastidio per il chiacchiericcio insulso, per le perdite di tempo e scegliamo di mettere da parte quello che ci divide per cercare quello che unisce – ha aggiunto -. Le lacrime chiedono di stare tutti dalla stessa parte, quella di chi piange. Riviviamo oggi lo strappo inaccettabile della morte, la durezza della scomparsa che non si smette di misurare anche a distanza di anni”. Per il porporato, “la memoria ci fa provare, anche, l’acuta e insopportabile ingiustizia della mancanza di verità, amara, perché memoria anche di delusioni, di ritardi, di opacità spesso senza volto e senza nome, di promesse non mantenute, di mandanti – che ci sono – protetti dall’ombra di quelle che sono vere e proprie complicità”.
Dopo aver ricordato i nomi delle più piccole e delle più anziani vittime, il porporato ha sottolineato: “I nostri ricordi sono più fisici per la strage della Stazione di Bologna, le cui immagini – come gli occhi spalancati e pieni di orrore della donna portata via sulla barella – sono impresse nella memoria dei sopravvissuti e di tutti”. Al tempo stesso, ha proseguito, “immaginiamo ancora oggi le parole che hanno accompagnato le vittime nei loro ultimi istanti, i sentimenti che riempivano il loro cuore, quelli che ispirano il suggestivo e emozionante Museo della strage di Ustica. Il loro ricordo si perde nella immensità del cielo e sprofonda nell’abisso del mare. Nel Museo vi sono 81 luci, che ricordano ognuna delle 81 vittime. Esse sono come delle stelle, che penetrano il buio del cielo. Si spengono e si riaccendono, come nella nostra anima, ma si riaccendono sempre perché il male non può vincere la fragilissima vita degli uomini”. Questa è “l’intuizione del cuore ed è la certezza della fede che Cristo è venuto ad accendere nei nostri cuori. La vita non è tolta ma trasformata”.