Per ricostituire le aree di macchia mediterranea con alberi, cespugli ed essenze, ridotte in cenere dal fuoco ci vorranno almeno 10 anni con danni all’ambiente, all’economia, al lavoro e al turismo. È quanto spiega la Coldiretti in relazione al violento incendio divampato su Monte Cofano, nel Trapanese, di probabile origine dolosa, alimentato anche dalla siccità e dalle alte temperature che stanno salendo rapidamente verso i 40 gradi con allerta rossa in diverse aree urbane. Se certamente il divampare delle fiamme è favorito dal clima anomalo, a preoccupare – sottolinea la Coldiretti – è proprio l’azione dei piromani con il 60% degli incendi che si stima sia causato volontariamente. “Un costo drammatico che l’Italia è costretta ad affrontare perché – evidenzia la Coldiretti – è mancata l’opera di prevenzione, sorveglianza e soprattutto di educazione ambientale sul valore inestimabile di un patrimonio determinate per la biodiversità e per la stabilità idrogeologica del territorio”. Nelle aree bruciate – sottolinea Coldiretti – saranno impedite anche tutte le attività umane tradizionali e la scoperta del territorio da parte di decine di migliaia di appassionati. Il caldo africano e la siccità aiutano i piromani con più di due roghi al giorno da nord a sud della Penisola dall’inizio dell’estate, secondo un’analisi di Coldiretti su dati Effis. Una situazione grave in un 2020 che – si classifica come il secondo semestre più caldo dal 1800 con temperature superiori di 1,1 gradi rispetto alla media. Il Po è più basso di un quarto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e i livelli dei principali laghi del Nord sono in affanno con appena qualche centimetro sopra lo zero idrometrico. Sul fronte delle riserve idriche resta critica – spiega la Coldiretti – la situazione in Sicilia e continuano a diminuire quelle degli invasi di Puglia dove le scorte sono scese sotto i 118 milioni di metri cubi (-91 milioni rispetto all’anno scorso) e in Basilicata dove sono rimasti circa 291 milioni (-64,26 milioni rispetto al 2019). Anche in Centro Italia, cresce la sete con i bacini delle Marche che hanno perso 1 milione di metri cubi d’acqua in una settimana, scendendo a circa 43 milioni.